Ogni anno in Italia 400 persone muoiono per annegamento. Ma i dati Istat si fermano qui, senza chiarire le cause di questi incidenti. Informazioni che sarebbero fondamentali per mettere in campo strategie di prevenzione, per fare una mappa delle spiagge a rischio e ridurre i decessi, stabili da 20 anni dopo il passaggio dai mille morti l'anno degli anni Settanta agli attuali numeri. Per questo i ricercatori dell'Istituto superiore di sanità hanno 'chiesto aiuto' alla stampa, analizzando per il 2014 gli annegamenti riportati dai giornali (escluse, ovviamente, le tragedie della migrazione): 278 in tutto. In una gran parte dei casi, 70, come origine dell'annegamento c'è un malore.
"Avere un quadro preciso di come e perché le persone annegano - spiega all'AdnKronos Salute Enzo Funari, ricercatore Dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria dell'Iss, che conduce lo studio - è il presupposto indispensabile per organizzare una strategia di prevenzione incisiva. Ma, ad oggi, non è facile raccogliere i dati. Per questo abbiamo deciso di analizzare le notizie riportate dalla stampa". Un altro obiettivo pratico dell'indagine è quello di realizzare una mappa delle spiagge a rischio, quelle dove ci sono condizioni (correnti, formazioni di buche) pericolose, per informare i bagnanti sui comportamenti da adottare.
"La semplice cartellonistica potrebbe evitare molte tragedie - assicura Funati -. Sappiamo, inoltre, che molti annegamenti avvengono nelle spiagge libere, dove non c'è un bagnino che, a volte, solo con la sua presenza scoraggia comportamenti pericolosi ed è in grado di aiutare chi si trova in difficoltà. Pochissimi Comuni si sobbarcano spese per personale in queste zone. Ma il loro aiuto anche per la mappatura è sicuramente importante".
Nel 2014 "si sono registrati 23 casi di annegamento per tentativi di soccorso. La mappatura delle spiagge a rischio potrebbe evitare anche queste vittime", dice Funari, sottolineando che fino ad oggi non è stata mai messa a punto una strategia nazionale per contenere il numero di annegamenti. "Come in tutto il mondo - conclude il ricercatore - gli incidenti si riducono con il migliorare delle condizioni economiche della popolazione. Nel nostro Paese si è ancora lievemente ridotto negli ultimi anni il numero dei morti per gli italiani, mentre aumenta quello degli stranieri. Ma in ogni caso, contro lo 'zoccolo duro' dei 400 decessi su cui siamo fermi da anni, possono essere trovate, una volta chiarite le cause delle tragedie, misure adeguate".
Nello studio dell'Iss il numero di incidenti riportati dai giornali nel 2014 (278) risulta maggiore di quello degli anni precedenti: erano stati 240 i casi di annegamento riferiti nel 2011, 191 nel 2012 e 211 nel 2013. Dopo il malore (70 casi), le cadute rappresentano la seconda causa di decesso, con 61 morti. In tutti i casi riportati si è trattato di maschi e tutti gli eventi si sono verificati la mattina. Dei 24 casi di annegamento associati ad attività di pesca subacquea, 21 si sono verificati di mattina e hanno riguardato in tutti i casi cittadini italiani, 23 maschi e una femmina.
Sono state 23 le persone che si sono suicidate per annegamento, 12 in fiumi e 7 in mare. Si è trattato di persone italiane a eccezione di un afgano. La mancata sorveglianza viene identificata come causa primaria nel caso di annegamenti di bambini. Dei 9 casi riportati tra il 16 luglio 2014 e il 2 settembre, 7 erano bambini e 2 bambine; 4 incidenti sono avvenuti in mare, 3 in piscine private e 2 per caduta in canali.