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Farmaci costosi, il 'modello Italia' fa scuola e anche gli Usa lo studiano

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20 gennaio 2016 | 12.54
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Una nuova terapia contro il cancro? Il Servizio sanitario nazionale in Italia chiede una garanzia di rimborso, nel caso il farmaco in questione non funzionasse come ci si aspetterebbe. Un esperimento di gestione della spesa farmaceutica, chiamato 'payment-by-results', che viene monitorato con curiosità dal resto d'Europea e dagli Stati Uniti, e che si è guadagnato l'attenzione del 'Washington Post', che evidenzia: "Un Paese conosciuto soprattutto per la moda o per le fettuccine, sta diventando leader nelle strategie innovative per frenare il costo dell'assistenza sanitaria".

In questo modo, infatti, l'Italia ha recuperato circa 200 milioni di euro per trattamenti inefficaci nel 2015, pari a circa l'1% della spesa farmaceutica totale. L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) - si ricorda - ha raggiunto degli speciali accordi con le aziende farmaceutiche, per cui il pagamento dei medicinali avviene sulla base di quanto e come un paziente risponde al trattamento, e nei casi in cui il farmaco non sortisce alcun effetto la società riconosce un rimborso completo allo Stato. Il numero di questi accordi sta aumentando, e rendono possibile iniziare a utilizzare il prodotto dopo trial di media fase su meno di 100 pazienti, piuttosto che attendere le valutazioni finali che coinvolgono migliaia di persone. Inoltre, un singolo farmaco contro il cancro può essere oggetto di contratti multipli che differiscono a seconda del tipo di tumore, soprattutto quando il rischio di fallimento è superiore per una certa forma di malattia.

L'Italia è dunque diventata un modello per gli altri Paesi che intendono negoziare i prezzi dei farmaci sulla base di quanto funzionano. Negli Stati Uniti Express Scripts Holding Co., il più grande gestore di servizi farmaceutici d'Oltreoceano, ha studiato l'esperimento italiano e nel 2017 lancerà un programma che prevede costi diversi per i prodotti quando usati per trattare diversi tipi di cancro. E anche Big Pharma come Roche stanno cercando di capire se il modello tricolore possa funzionare in altri grandi nazioni come la Francia.

"Ha davvero molto senso allineare il prezzo, con la performance nei vari tipi di cancro", ha detto Severin Schwan, Ceo del colosso svizzero, il più grande produttore al mondo di farmaci contro il cancro. "In Stati come l'Italia questo sta già avvenendo e siamo lieti che anche negli Stati Uniti si stia pensando a questi modelli". "Gli italiani sono molto avanti quanto a modelli innovativi di contrattazione", evidenzia Robert Dumitrescu, consulente per aziende farmaceutiche di Simon-Kucher & Partners a Parigi. "Se fossi un'impresa attiva nell'oncologia, sarei folle a entrare nel mercato italiano senza uno di questi accordi".

L'Aifa - ricorda il 'Washington Post' - gestisce dal 2005 registri in cui vengono tracciati i trattamenti di tutti i pazienti e i relativi risultati, che costituiscono la base per le valutazioni di negoziazione. Il sistema, dunque, evidenzia Olivier Wouters, ricercatore della London School of Economics, "è più sofisticato di quello di altri Paesi europei perché a funzionare è il monitoraggio sul funzionamento delle terapie".

In Francia, dove non esistono registri di controlli nazionale, Roche ha avviato un programma pilota in 24 ospedali negli ultimi due anni per capire quali sono le difficoltà nel monitorare i risultati dei trattamenti. Mentre il Regno Unito ha testato un sistema simile, ma l'ultimo contratto stretto con un'azienda risale al 2007.

"Per l'industria farmaceutica, i Paesi europei più piccoli possono essere il luogo migliore per sperimentare nuovi sistemi di tariffazione", aggiunge Morris Hosseini, partner di Roland Berger a Berlino. "Se funziona - conclude - può essere allargato a Paesi più grandi. L'Europa funziona davvero un po' come un test in 'provetta' per alcuni modelli gestionali".

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