"Non è comprensibile a livello giuridico quale sia il motivo della ricomprensione degli adempimenti in materia di lavoro tra gli oneri in materia di antiriciclaggio a carico dei professionisti. La nuova disciplina, contenuta nella bozza di dlgs di recepimento della direttiva 849/2015/Ue (quarta direttiva antiriciclaggio) che andrà a modificare l’attuale impianto del dlgs 231/2007, estende l’adeguata verifica del titolare effettivo agli adempimenti in materia di amministrazione del personale (di cui alla legge 12/1979)". E' l'allarme che arriva, in una nota, dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
"Adempimenti -continua la nota dei professionisti- invece esplicitamente esclusi dall’art. 12 dlgs 231/2007 e dallo stesso ministero dell’Economia nell’interpretazione della normativa vigente. Peraltro, nessuna nuove previsione è contenuta nella nuova direttiva rispetta alla precedente".
"Quindi, il Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, nel rilevare l’incongruenza dell’eventuale novella normativa, segnala -spiegano i professionisti- che tale previsione comporterebbe un aggravio di lavoro per i professionisti sproporzionato rispetto al condiviso obiettivo della lotta al riciclaggio del denaro sporco".
"Ricadrebbe sui soggetti abilitati dalla legge, infatti, un controllo preventivo sui svariati milioni di buste paga gestiti ogni mese con relativo rallentamento di tutti gli altri adempimenti gestiti per conto della pubblica amministrazione", avvertono.
Per i consulenti del lavoro, "si tratterebbe, tuttavia, di nuovi oneri inutili". "Dall’emissione della busta paga del lavoratore, infatti, partono una serie di rapporti debitori con l’erario e gli istituti previdenziali competenti che rendono i flussi di denaro sempre tracciabili. Esclusione che il Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro chiede formalmente di mantenere anche nella nuova normativa", concludono.