La speranza di vita a 65 anni è più alta per chi riceve una pensione rispetto alla media generale della popolazione italiana. Vale per i dipendenti pubblici come per quelli privati, per gli autonomi come per i professionisti. E' quanto rileva lo studio 'La mortalità dei percettori di rendita in Italia', realizzato dall’Ordine degli Attuari e presentato oggi a Roma.
L'analisi osserva che negli ultimi dieci anni osservati fino al 2011 la speranza di vita dei pensionati sessantacinquenni è aumentata, passando mediamente nei vari settori da 17/20 anni a 18/21 anni per gli uomini e da 20/23 anni a 22/25 anni per le donne. Significa una vita media per gli uomini di 83/86 anni e di 87/90 anni per le donne.
Vita media destinata ad allungarsi da qui al 2045: secondo le proiezioni dello studio degli Attuari, infatti, a quella data i pensionati uomini vivranno mediamente 88 anni e le donne arriveranno a 92: gli uni e le altre circa un anno in più rispetto alla media generale della popolazione. Per arrivare a questi numeri il team dell’Ordine degli Attuari ha preso in esame 15 milioni di dati, di cui 10 milioni riferiti alle pensioni di vecchiaia e il resto a pensioni di invalidità e superstiti.
"Lo studio - ha spiegato il presidente del Consiglio Nazionale degli Attuari Giampaolo Crenca - è a disposizione del Paese, del Governo, delle autorità di vigilanza e di tutti gli operatori della previdenza”. Negli ultimi dieci anni osservati fino al 2011, guardando alle pensioni di vecchiaia, sia per gli uomini e in modo più marcato per le donne, la mortalità dei percettori di rendita è risultata inferiore rispetto a quella della popolazione generale, in particolare, con punte del 20-25%, nelle età prossime al pensionamento; la mortalità risulta più bassa se si calcola in base all’importo delle pensioni piuttosto che in base al numero.
La minore mortalità rispetto alla popolazione generale ha riguardato, con intensità diverse, tutte le collettività analizzate: dipendenti privati, dipendenti pubblici, lavoratori autonomi, lavoratori del settore dello spettacolo e dello sport, avvocati, medici, ragionieri e periti commerciali, agenti e rappresentanti di commercio.
Sempre con riferimento alle pensioni di vecchiaia, la speranza di vita a 65 anni negli ultimi dieci anni osservati fino al 2011 è aumentata per tutte le collettività considerate, passando mediamente da 17/20 anni a 18/21 anni per gli uomini, e da 20/23 anni a 22/25 anni per le donne. Per entrambi i sessi negli ultimi anni si osserva una lieve riduzione del ritmo di crescita.
In via generale si osserva una maggiore durata residua di vita per i medici, seguiti dai dipendenti pubblici e dagli avvocati. Guardando alle pensioni di invalidità, negli ultimi dieci anni osservati fino al 2011 la mortalità sia per gli uomini che per le donne è molto più elevata di quella della popolazione generale, in particolare per le donne (anche fino a 10 volte) e nei primi due anni da quando si è colpiti dall’invalidità (anche fino a 20 volte). Guardando alle pensioni ai superstiti, negli ultimi dieci anni osservati fino al 2011 la mortalità sia per gli uomini che per le donne è più elevata di quella della popolazione generale (più marcata per i primi).
Se si considerano i dipendenti privati e autonomi insieme, la durata di vita residua a 65 anni per gli uomini si attesta nel 2045 tra i 23 e i 23,5 anni (quindi tra gli 88 e gli 88,5 anni di età) leggermente superiore al dato della stima Istat sulla popolazione generale (circa 22 anni - 87 anni di età).
Per le donne la durata di vita residua a 65 anni si attesta nel 2045 a poco meno di 27 anni (quindi 92 anni di età) leggermente superiore al dato della stima Istat sulla popolazione generale (26 anni - 91 anni di età). Si rileva, inoltre, sempre al 2045, una tendenza ad una maggior longevità dei lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti privati.