Nonostante i severi divieti imposti dalle leggi e l’inequivocabile e documentata certezza della pericolosità mortale procurata dall’esposizione all’amianto, ne siamo ancora oggi circondati in molti ambiti e contesti della nostra vita. E' ancora presente, infatti, in molti edifici, ad uso sia lavorativo sia abitativo, sia pubblici che privati. E’ presente, inoltre, in molti mezzi di trasporto, nelle gallerie e in diverse infrastrutture idriche. E moltissimi lavoratori sono a rischio nonostante le protezioni. A lanciare l'allarme è Paolo Maria Rossin, membro per conto dell’Uni (Ente nazionale di unificazione) del Comitato normazione europeo (Cen) e general manager di Indutex Spa, società leader nella produzione di indumenti protettivi.
"In Italia - ricorda - l’amianto è stato messo al bando con la legge 257 del 1992. Una normativa che ne vieta l’utilizzo in ogni sua forma. Eppure, nonostante una legge che ne vieta l’uso, ogni anno continuiamo a registrare migliaia di morti a causa dell’esposizione all’amianto e addirittura si prevede nei prossimi anni un incremento fino a toccare un picco nel 2020. Ad oggi, si calcolano circa 4 mila morti l’anno per neoplasie causate dall’amianto".
“Sull’amianto va fatta una distinzione - puntualizza - fra ciò che prevede la normativa e ciò che realmente è consigliato per un'adeguata protezione. Partiamo dal presupposto scientifico che la fibra di amianto che provoca il mesotelioma polmonare (la asbestosi) è una fibra di dimensioni comprese tra i 3 e i 6 micron (millesimi di millimetro). La prescrizione di legge prevede una maschera (o facciale filtrante) in grado di filtrare efficacemente quel tipo di fibre".
"Per gli indumenti, invece, la situazione è diversa - avverte Rossin - e restano margini di pericolosità anche con indumenti di protezione in conformità con la norma. Per questi, infatti, il test di conformità ammette passaggi di particelle da 0,6 micron fino a una percentuale del 15%. Sebbene queste particelle siano molto più piccole delle fibre sopracitate, resta comunque un indumento con dei limiti di utilizzo e con rischi evidenti per chi li utilizza, soprattutto in determinati ambienti”.
“Poniamo il caso - continua Rossin - di una bonifica in un locale chiuso, o peggio ancora in galleria. In questo caso, vi sarà un’altissima concentrazione di fibre aerodisperse. In queste condizioni, una tuta di tipo 5 (che normalmente è soltanto cucita), sebbene idonea da un punto di vista normativo, potrebbe essere non idonea dal punto di vista della sicurezza. Dai fori praticati dall’ago nell’indumento, anche se parzialmente occupati dal filo di cucitura, può sicuramente passare una concentrazione importante di fibre di amianto (parliamo di millesimi di millimetro) poiché le concentrazioni di tali fibre sono molto più elevate di un ambiente di test".
"Per questa ragione, da un punto di vista pratico, noi consigliamo sempre - spiega - una tuta con cuciture ricoperte (che evitano quindi il passaggio attraverso le cuciture, essendo le stesse protette) qualora il lavoratore dovesse effettuare una bonifica al chiuso, mentre sarà sufficiente una tuta cucita per una bonifica fatta all’aperto o sui tetti dove la dispersione delle fibre avviene in ambiente aperto e non causa pericolose concentrazioni. Da notare - chiosa il general manger di Indutex - che in Francia per le bonifiche di amianto la legge impone che gli indumenti debbano tutti avere le cuciture ricoperte, ma è l’unico caso in Europa”.
Al mondo ci sono 125 milioni circa di lavoratori esposti all’amianto secondi i dati riportati dall’Organizzazione mondiale della sanità. Dati sottostimanti perché non tengono conto delle persone che vivono vicino ai siti produttivi a rischio. Ogni anno si producono 2 milioni di tonnellate di amianto: tra i principali paesi produttori ci sono Russia, Cina, Brasile e India.
Sempre secondo le stime dell’Oms, nella sola Unione europea si calcola che le malattie correlate all’amianto riguardano 20-30 mila casi ogni anno e si stima che entro il 2030 i decessi procurati dalle medesima causa saranno più di 300 mila. Altro dato allarmante riguarda il numero dei Paesi europei che non ha vitato ancora la produzione e l’utilizzo dell’amianto: sono 15 Stati su 53.
Dei 15mila decessi l’anno per amianto in Europa, circa 7.500 sono causati dall’esposizione in ambito lavorativo. Abbiamo in Europa, infine, il triste primato di morti per amianto: tra il 1994 e il 2010 ci sono stati oltre 100mila decessi: il 60% del totale a livello mondiale.