Nonostante negli ultimi anni tutte le aziende abbiano intrapreso percorsi di promozione del talento femminile, attraverso iniziative di smart working o, meno diffusi, programmi di sviluppo professionale, la presenza delle donne ai vertici delle aziende resta limitata. Lo rileva lo studio di The Boston Consulting Group e Valore D sulla base di 2.500 interviste condotte all’interno di aziende di diversi settori, dai consumer goods all'energy e industrial goods, dai financial services, al pharma e alle telecomunicazioni.
All'aumentare della seniority l’analisi rileva come le donne nelle aziende quasi si dimezzino. Se guardiamo ad aziende italiane e a multinazionali con sedi in Italia, osserviamo come, nelle prime, dal 38% della forza lavoro totale, la presenza femminile scenda al 27% tra i manager e al 19% tra i primi riporti. Nelle multinazionali, invece, questo fenomeno è più limitato, con il 48% della forza lavoro totale e il 36% a livello più senior.
Per Laura Villani, partner e managing director di Bcg, "nel proprio percorso verso la managerialità, le donne italiane soffrono anche un tema di formazione non corrispondente alle richieste del mercato e un posizionamento all’interno di funzioni aziendali che non facilitano l’accesso ai vertici". "Le lauree tradizionalmente femminili, infatti, portano a occupare posizioni di staff. E, nello staff, abbiamo osservato come in media le donne diventino manager più di due anni dopo i colleghi uomini", spiega.
Il principale imputato per il soffitto di cristallo che ancora permane nel nostro Paese, però, per gli intervistati è la cultura aziendale. Il 48% delle donne, infatti, la identifica come il primo ostacolo alla carriera lamentando, ad esempio, la mancanza di role model femminili e la limitata flessibilità dei modelli organizzativi. La scarsa chiarezza nei percorsi di carriera è vissuta con difficoltà dal 26% del campione, mentre al terzo posto con il 23% sono gli impegni familiari.
Per incidere sulle dinamiche che limitano l’affermazione della leadership al femminile sono state individuate 5 aree di intervento e azioni concrete: a livello di pipeline, adattare il recruiting per attrarre talenti femminili anche in aree tecniche; nella cultura aziendale, creare trasparenza attraverso chiari e concreti 'Kpi' per misurare il successo del cambio culturale; per la gestione della carriera, incoraggiare le donne a pensare in modo attivo al proprio percorso professionale; in termini di work-life balance, promuovere meccanismi di flessibilità del lavoro e smart working.
"E' stato molto interessante e utile -assicura Barbara Falcomer, direttore generale di Valore D- partecipare alla messa a punto della ricerca con il coinvolgimento delle aziende associate, per avere una fotografia della presenza femminile in azienda in Italia. I dati parlano chiaro: più di due terzi delle donne ritiene che i principali ostacoli alla carriera siano culturali (48%) e di mancanza di supporto alla crescita professionale (26%) all’interno dell’azienda. Quindi le aziende possono giocare un ruolo determinante per l’occupazione e la valorizzazione del talento femminile e Valore D è al loro fianco per implementare soluzioni concrete".