"Che l'innovazione sia fondamentale alla sopravvivenza dell'azienda stessa è fuori discussione. Quello che invece va sottolineato è che innovazione non è per forza sinonimo di automazione tecnologica, ma che spesso può efficacemente tradursi in una riorganizzazione del lavoro o in un alleggerimento dell'eccessiva burocratizzazione, presente a volte anche nell'impresa privata". Così Alfredo Biffi, docente della Sda Bocconi e autore con Pierfranco Camussone della ricerca commissionata da Aica 'Il lavoro nella società digitale', parla con Labitalia del significato dell'innovazione nel sistema produttivo italiano, a pochi giorni dal Randstad Employer Brand 2017, che il 12 aprile premierà le aziende italiane più attrattive e l’azienda con sede in Italia più 'disruptive', ossia più innovativa e creativa.
Biffi non nasconde le criticità ancora presenti nel sistema produttivo italiano. "Specialmente in certi settori -afferma- siamo rimasti fermi al passato, soprattutto nelle aziende di dimensioni medio-piccole e nel manifatturiero. Si parla molto di Industria 4.0, ma in realtà sono in pochi a praticarla e molti imprenditori rimangono diffidenti verso le innovazioni".
Riguardo alla questione se le nuove tecnologie distruggeranno i posti di lavoro, Biffi dice: “È complesso dire se il lavoro sarà distrutto o ricomposto su altre prospettive rispetto all’assetto attuale. Di sicuro, storicamente, l'uomo ha sempre cercato soluzioni che lo facessero faticare di meno e molte applicazioni tecnologiche già lo stanno facendo e lo faranno sempre di più".
"Non ci si deve preoccupare se avremo le macchine che lavorano al posto nostro -dice- ma di come potremo mantenerci in assenza di lavoro. E questo è un discorso complesso e che va affrontato in modo filosofico e anche politico". Insomma, riassume Biffi, "le aziende non possono che rincorrere il cambiamento tecnologico, le persone invece si devono attrezzare per accoglierlo".
In questo scenario, spiega il professore, "un giovane ha di fronte due strade: la prima è cercare un lavoro, che sia in grado di fare e, se ne ha le capacità, deve magari mettersi in proprio. La seconda (se non se la sente di buttarsi in un'attività autonoma) è che deve guardare a un'azienda che offra due cose fondamentali: solidità e possibilità di aggiornamento continuo". Questo, precisa, per "poter dominare il cambiamento e non subirlo".
"Il futuro in termini lavorativi -ricorda Biffi- è di chi o costruisce o usa nuove tecnologie o di chi pratica un'arte o un mestiere ad altissimi livelli di qualità e creatività". Ma anche i servizi tecnologici, spiega il professore, "saranno sempre più personalizzati e in futuro anche un lavoro come l'assistente di anziani, ora poco qualificato, richiederà grandi competenze perché bisognerà saper gestire le macchine e la risposta individuale ai bisogni di quell'anziano". Saranno rivalutati gli studi classici, conclude Biffi, "perché se devi interagire con una macchina devi gestire un algoritmo, ma se devi personalizzarla non c'è storia: ci vuole la cultura umanistica".