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'Suburra la serie', tra Mafia Capitale e romanzo di formazione

'Suburra la serie', tra Mafia Capitale e romanzo di formazione
04 ottobre 2017 | 18.35
LETTURA: 4 minuti

di Antonella Nesi

Tra Mafia Capitale e romanzo di formazione, in una Roma in cui Stato, Chiesa e famiglia non hanno più niente di sacro e tanto la politica quanto il Vaticano intrecciano affari con la criminalità organizzata. Arriva su Netflix 'Suburra - La serie', prima fiction interamente italiana ad approdare sulla piattaforma (prodotta da Cattleya in collaborazione con Rai Fiction), che la distribuirà dal 6 ottobre nei 190 Paesi in cui il servizio è attivo, raggiungendo un pubblico potenziale di oltre 100 milioni di abbonati.

La serie, in dieci episodi (ma già si parla di una seconda stagione) è una sorta di prequel del film 'Suburra' del 2015 di Stefano Sollima, a sua volta ispirato all'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. "La scelta del prequel - spiega Gina Gardini, produttrice della serie per Cattleya - ci ha dato più libertà di movimento proprio rispetto al film". Così al centro della storia ci sono tre giovani uomini e futuri criminali, diversi per origini e ambizioni ma che dovranno allearsi per fronteggiare la guerra per il potere in atto nella capitale: l'immaturo Numero 8 di Ostia (Alessandro Borghi), il sinti Spadino (Giacomo Ferrara) e l'universitario-pusher di Roma Nord Lele (Eduardo Valdarnini).

A tornare nei panni di Numero 8, dopo essere già stato nel cast del film, è il padrino-cerimoniere della Mostra di Venezia, Alessandro Borghi. "Ho dovuto smontare il Numero 8 del film e ricostruirne un altro meno consapevole del concetto di potere e di come maneggiarlo, visto che il personaggio nella serie è molto più giovane e inesperto, oltre che inserito in dinamiche familiari che danno una dimensione emotiva alla serie e la svincolano dal ganster movie o dalla serie crime in senso stretto", dice Borghi.

"Volevamo dei protagonisti più giovani, un'idea più forte del personaggio romano ed elementi del racconto di formazione. Abbiamo cercato di far venire fuori quella fame millenaria di conquista del cittadino di Roma, città dove si impara a sopravvivere. E dove il cinismo diventa un'arma per sdrammatizzare anche le situazioni più tragiche. L'attualità politica di Mafia capitale, per quanto possa averci sorpreso la coincidenza dei tempi dell'inchiesta con le riprese della serie, è stata messa al servizio della narrazione", spiegano Michele Placido e Andrea Molaioli, che firmano la regia della serie insieme a Giuseppe Capotondi.

L'azione dei 10 episodi si svolge in 20 giorni di zona franca tra l'annuncio delle dimissioni e la decadenza del Sindaco di Roma. Ogni episodio si apre con un prologo molto forte a cui fa seguito il resoconto delle ore che precedono l’accaduto, scelta narrativa accattivante e d’effetto che immette direttamente lo spettatore nel flusso della tensione.

Nel cast, oltre a Borghi, Ferrara e Valdarnini, ci sono Francesco Acquaroli (nei panni del Samurai, temutissimo capozona che nel film era interpretato da Claudio Amendola), Filippo Nigro (l'assessore Amedeo Cinaglia, "un insoddisfatto e pertanto corruttibile", spiega l'attore) e ancora Claudia Gerini, Adamo Dionisi, Barbara Chichiarelli, Federico Tocci e Gerasimos Skiaderesis. "Che la serie sia disponibile in 190 paesi un certo effetto lo fa - ammette Acquaroli - ma noi non abbiamo dovuto preoccuparci più di tanto di questo sul set, perché il lavoro per rendere internazionale la storia era già stato fatto a monte, con una scrittura sapiente tra specificità territoriale e linguaggio universale", dagli sceneggiatori Daniele Cesarano, Barbara Petronio Ezio Abbate, Fabrizio Bettelli e Nicola Guaglianone.

"Preoccupati dell'immagine di Roma che la serie darà nel mondo? Proprio no - dice Gina Gardini, americana residente a Roma da 10 anni - È intrattenimento. Come dire che uno giudica gli Usa dalle serie crime americane. O che uno non va a Los Angeles perché ha letto o visto 'L.A. Confidential'...".

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