(AdnKronos/Cinematografo.it) - Applausi a scena aperta durante la proiezione stampa e la convinzione diffusa sarà difficile sfilare il Premio del Pubblico della decima Festa del cinema di Roma a 'Lo chiamavano Jeeg Robot'. Conviene segnarsi il nome del regista: Gabriele Mainetti, classe 1976, una qualche notorietà per il corto 'Tiger Boy', che all’esordio nel lungometraggio fa qualcosa di quasi impossibile ovvero un film di supereroi italiano. Mainetti trasforma la sceneggiatura di Nicola Guaglianone e Menotti in un film molto radicato in Roma e nell’italianità e, insieme, alieno alla nostra produzione corrente: malavita capitolina, camorra, manga giapponesi (Jeeg Robot) e supereroi disfunzionali hollywoodiani, il tutto frullato in 122’, e forse si poteva tagliare qualcosa, che fanno sul serio nell’aderenza al genere ma contemporaneamente lasciano spazio all’ironia e al nonsense.
Protagonista è Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria, ingrassato ad hoc), criminale di quart’ordine, una smodata passione per il porno e lo yogurt: sfuggendo ai poliziotti, si immerge nel Tevere, dove entra in contatto con dei fusti contenenti un liquame radioattivo. Smaltita l’intossicazione, scoprirà di avere guadagnato una forza sovrumana, tanto da poter staccare un bancomat dal muro e portarselo a casa sotto braccio. Nel palazzone di Tor Bella Monaca dove abita, risiede pure Alessia (Ilenia Pastorelli, il Grande Fratello 12 in carnet). Lei è una "matta scocciata", vittima di plurime violenze, e convinta di vivere nel manga Jeeg Robot d’Acciaio. Per farla breve, Alessia eleggerà Enzo a suo Hiroshi, l’eroe di Jeeg Robot, ma le cose sono più complicate del previsto: mentre Roma è bersaglio di attentati terroristici, forse orchestrati dalla camorra in risposta al blocco degli appalti pubblici, Enzo deve fare i conti con la banda dello Zingaro, interpretato da Luca Marinelli.