'Infinità' al posto di 'immensità'. Non è un refuso, ma il testo di un'edizione leopardiana stampata nel 1826 in un volume rarissimo, da poco pervenuto nella Biblioteca d'Ateneo dell'Università Cattolica di Milano.
''Così tra questa infinità s'annega il pensier mio: e 'l naufragar m'è dolce in questo mare''. E' la conclusione della più celebre poesia di Giacomo Leopardi, 'L'Infinito', mandata a memoria da generazioni di italiani. Eppure qualcosa suona strano, i conti non tornano.
Il testo, come lo conosciamo oggi, si conclude in modo diverso: ''Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare''.
Non è un errore. E' il testo di una redazione antecedente della poesia che, composta a Recanati tra la primavera e l'autunno del 1819, fu pubblicata dapprima su rivista (nel 1825) e venne poi stampata, assieme ad altri testi del Recanatese, in volume a Bologna nel 1826 ''dalla Stamperia delle Muse, Strada Stefano, n. 76''.
Il volume, che si intitola 'Versi del Conte Giacomo Leopardi', è un'edizione molto rara e posseduta solo da un ristretto numero di biblioteche italiane. Un esemplare di questa edizione è ora pervenuto alla Biblioteca della Cattolica grazie alla donazione Piccoli-Addoli, un considerevole corpus costituito da oltre 6.000 volumi e da un vasto nucleo di documenti e carteggi di Valentino Piccoli, della moglie Pia Addoli e del figlio Fantasio Piccoli, ora in fase di ordinamento e ricondizionamento.