La messa a Beirut è l’ultimo atto prima del ritorno a Roma, a conclusione del primo viaggio apostolico di Prevost
Papa Leone XIV ha terminato il suo viaggio apostolico in Turchia e in Libano ed è atterrato a Roma. Al rientro ha inviato un telegramma al Capo dello Stato Sergio Mattarella. Il Pontefice - ricordando le tappe del viaggio - sottolinea di avere “esortato tutti al dialogo costruttivo e alla solidarietà “.
Oggi Prevost ha visitato l'ospedale psichiatrico de la Croix, il porto di Beirut dove cinque anni fa un'esplosione causò 220 morti, e infine si è trasferito al Beirut Waterfront in auto blindata per la celebrazione della messa. "Mi ha toccato il cuore la breve visita al porto di Beirut, dove l’esplosione ha devastato non soltanto un luogo, ma tante vite. Ho pregato per tutte le vittime e porto con me il dolore e la sete di verità e di giustizia di tante famiglie, di un intero Paese”, ha detto il Papa prima di congedarsi dal Libano, nel suo ultimo discorso all’aeroporto di Beirut. "Ho incontrato, - ha ricordato - in questi pochi giorni, molti volti e stretto tante mani, ricevendo da questo contatto fisico e interiore un’energia di speranza. Siete forti come i cedri, gli alberi delle vostre belle montagne, e pieni di frutti come gli ulivi che crescono in pianura, nel sud e vicino al mare. Saluto, a questo proposito, tutte le regioni del Libano che non è stato possibile visitare: Tripoli e il nord, la Beqa’ e il sud del Paese, che, in modo particolare, vive una situazione di conflitto e di incertezza. A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace".
La prima tappa della giornata è stata la Congregazione delle Suore Francescane della Croce a Jal ed Dib, per la visita agli operatori e assistiti dell’Ospedale de la Croix. Al suo arrivo, all’ingresso principale della residenza della Congregazione, il Papa è stato accolto dalla Madre Superiora della Congregazione delle Suore Francescane della Croce del Libano, dalla Superiora del Convento e dalla Direttrice dell’Ospedale, che lo hanno accompagnato al teatro della struttura.
"Sono contento di incontrarvi, era un mio desiderio, perché qui abita Gesù: sia in voi ammalati, sia in voi che ne avete cura, le suore, i medici e tutti gli operatori sanitari e il personale. Vorrei anzitutto salutarvi con affetto e assicurarvi che siete nel mio cuore e nelle mie preghiere", ha detto il Papa nella visita agli assistiti e agli operatori dell’ospedale psichiatrico de La Croix.
Leone XIV ha salutato "con tanta gratitudine il personale dell'Ospedale. La vostra presenza competente e premurosa e la cura degli ammalati sono un segno tangibile dell’amore compassionevole di Cristo. Siete come il buon samaritano, che si ferma presso chi è ferito e se ne prende cura per sollevarlo e guarirlo. A volte può sopraggiungere la stanchezza o lo scoraggiamento, soprattutto per le condizioni non sempre favorevoli in cui vi trovate a lavorare; vi incoraggio a non perdere la gioia di questa missione e, nonostante qualche difficoltà, vi invito ad avere sempre davanti a voi il bene che avete possibilità di realizzare. È una grande opera agli occhi di Dio!".
“Quanto si vive in questo luogo - ha detto Prevost - è un monito per tutti, per la vostra terra ma anche per l’intera umanità: non possiamo dimenticarci dei più fragili, non possiamo immaginare una società che corre a tutta velocità aggrappandosi ai falsi miti del benessere, ignorando tante situazioni di povertà e di fragilità. In particolare noi cristiani, che siamo la Chiesa del Signore Gesù, siamo chiamati a prenderci cura dei poveri: il Vangelo stesso ce lo chiede e – non dimentichiamolo – il grido dei poveri che attraversa anche la Scrittura ci interpella. A voi, cari fratelli e sorelle segnati dalla malattia, vorrei solo ricordare che siete nel cuore di Dio nostro Padre. Egli vi porta sul palmo delle sue mani, vi accompagna con amore, vi offre la sua tenerezza attraverso le mani e i sorrisi di chi si prende cura della vostra vita. A ciascuno di voi oggi il Signore ripete: ti amo, ti voglio bene, sei mio figlio! Non dimenticatelo mai! Grazie a tutti”.
Al termine della visita all’ospedale psichiatrico libanese, il Papa si è recato al porto di Beirut per pregare silenziosamente nel luogo dove cinque anni fa ci fu una esplosione che causò 220 morti, settemila feriti e danni notevoli. Accompagnato dal primo ministro libanese, Leone ha incontrato i parenti delle vittime e alcuni sopravvissuti.
Lasciato il porto di Beirut, il Papa si è trasferito al Beirut Waterfront in auto blindata per la celebrazione della messa. “Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante!”. Dalla spianata che si affaccia sul mare, papa Prevost passa in rassegna i contrasti che vive il Libano, pieno di “rara bellezza” però “oscurata da povertà e sofferenze, da ferite che hanno segnato la vostra storia. Sono appena stato a pregare nel luogo dell’esplosione, al porto: è oscurata da tanti problemi che vi affliggono, da un contesto politico fragile e spesso instabile, dalla drammatica crisi economica che vi opprime, dalla violenza e dai conflitti che hanno risvegliato antiche paure. In uno scenario di questo tipo, la gratitudine cede facilmente il posto al disincanto, il canto della lode non trova spazio nella desolazione del cuore, la sorgente della speranza viene disseccata dall’incertezza e dal disorientamento. La Parola del Signore, però, ci invita a trovare le piccole luci splendenti nel cuore della notte, sia per aprirci alla gratitudine che per spronarci all’impegno comune a favore di questa terra”.
“Tutti noi - dice il Pontefice nell’omelia - siamo chiamati a non scoraggiarci, a non cedere alla logica della violenza e all’idolatria del denaro, a non rassegnarci dinanzi al male che dilaga. Ciascuno deve fare la sua parte e tutti dobbiamo unire gli sforzi perché questa terra possa ritornare al suo splendore. E abbiamo un solo modo per farlo: disarmiamo i nostri cuori, facciamo cadere le corazze delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all’incontro reciproco, risvegliamo nel nostro intimo il sogno di un Libano unito, dove trionfino la pace e la giustizia, dove tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle”. Leone sferza i libanesi: “Questo è il sogno a voi affidato, è ciò che il Dio della pace mette nelle vostre mani. Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante! Elevo la mia gratitudine al Signore per aver condiviso con voi questi giorni, mentre porto nel cuore le vostre sofferenze e le vostre speranze. Prego per voi, perché questa terra del Levante sia sempre illuminata dalla fede in Gesù Cristo, sole di giustizia, e grazie a Lui custodisca la speranza che non tramonta”.
“Sono venuto come pellegrino di speranza in Medio Oriente implorando a Dio il dono della pace per questo paese caratterizzato dall’instabilità”,sottolinea il Papa al termine della messa a Beirut prima di ripartire per Roma, con un nuovo accorato appello per la pace. Il Papa invita i libanesi a guardare al Signore “con speranza e coraggio per illuminare tutti nel cammino della fratellanza, della pace e della resistenza, per essere testimoni di pace”.
“Dobbiamo rifiutare la mentalità della vendetta , dobbiamo aprire un nuovo capitolo nel nome della riconciliazione e della pace . Davanti all’orrore della guerra dobbiamo cambiare il cammino, rivolgere i nostri cuori alla costruzione della pace . E da qui io prego per tutto il Medio Oriente e per le persone che soffrono per la guerra , e offro anche preghiere ferventi per la risoluzione degli scontri politici in Guinea Bissau, prego per le vittime degli incendi di Hong Kong”, dice Leone. “Prego per il nostro amato Libano e chiedo alla comunità internazionale ancora una volta di non risparmiare gli sforzi per promuovere il processo di pace , di dialogo e riconciliazione con il cuore rivolto a chi deve prendere le decisioni: ascoltare il grido del popolo che chiede la pace. Tutti al servizio della vita e del bene comune. Abbiate coraggio, la Chiesa vi guarda con ammirazione “.
In occasione della cerimonia di congedo dal Libano, all’aeroporto di Beirut alla presenza del presidente libanese Aoun, il Papa ha omaggiato il suo predecessore. “Sono grato - ha detto nel discorso di congedo - dei giorni trascorsi con voi e mi rallegro aver potuto realizzare il desiderio del mio amato predecessore, Papa Francesco, che tanto avrebbe voluto essere qui. Lui, in realtà, è con noi, cammina con noi insieme ad altri testimoni del Vangelo che ci attendono nell’abbraccio eterno di Dio: siamo eredi di ciò che hanno creduto, della fede, della speranza e dell’amore che li hanno animati”. “Ho visto di quanta venerazione il vostro popolo circonda la Beata Vergine Maria, tanto cara sia ai cristiani sia ai mussulmani. Ho pregato alla tomba di San Charbel, percependo le profonde radici spirituali di questo Paese: quanta linfa dalla vostra storia può sostenere il difficile cammino verso il futuro!", le parole di Prevost.
E prima di congedarsi dal Libano, un pensiero a Papa Giovanni Paolo II, ricordando le sue parole durante la visita in Libano: “Ricordiamo quanto vi disse San Giovanni Paolo II: il Libano, più che un Paese, è un messaggio! Impariamo a lavorare insieme e a sperare insieme, perché così sia. Dio benedica i Libanesi, tutti voi, il Medio Oriente e l’intera umanità! Grazie e arrivederci”.