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Condoni e manine

(Ipa/Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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18 ottobre 2018 | 08.35
LETTURA: 3 minuti

Rispunta la 'manina' e scoppia il caso condono nel governo. A sganciare la bomba è il vicepremier Luigi Di Maio dal salotto di Bruno Vespa. L'accusa è pesante. Secondo quanto dichiarato dal capo politico dei 5 Stelle il testo sulla pace fiscale trasmesso al Quirinale sarebbe stato manipolato dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri. L'ignota 'manina' avrebbe ritoccato il decreto e sarebbe così apparso anche uno scudo per il riciclaggio. Di Maio annuncia l'intenzione di depositare subito una denuncia alla Procura della Repubblica e assicura che se il testo non verrà modificato, cancellando la parte sui capitali all'estero, i 5 Stelle non lo voteranno.

Dopo le parole del vicepremier il Colle però precisa di non aver mai ricevuto il documento. A chiarire cosa è accaduto è da Bruxelles il premier Giuseppe Conte. Informato delle criticità emerse nel decreto, il presidente del Consiglio ha bloccato l'invio ufficiale del testo al Quirinale. Il premier vuole infatti rivedere personalmente il provvedimento articolo per articolo. Fonti di Palazzo Chigi spiegano che il decreto fiscale, come è consuetudine, era stato anticipato ma solo in via meramente informale. Insomma il testo ufficiale non è ancora stato trasmesso al Presidente della Repubblica per l'esame, la firma e l'emanazione.

La soluzione per Di Maio è allora stralciare quella parte. Il caso però ormai è esploso ed è gelo con il Carroccio. Da Vespa il vicepremier chiarisce: "Non ho ragione di dubitare della Lega. Ci siamo stretti la mano. Escludo responsabilità politiche perché - sottolinea - mi fido delle persone con cui sono al governo". I sospetti del Movimento 5 Stelle si concentrano sui tecnici del Tesoro. La reazione del Carroccio però è piccata. ''Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati", riferiscono alcuni esponenti dei vertici della Lega. Parole per nulla distensive che fanno capire come la tensione resti alta nel governo gialloverde.

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