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Altro che pace, è guerra fiscale

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18 ottobre 2018 | 19.23
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Altro che pace fiscale. Dopo la bomba lanciata da Di Maio contro la 'manina' infedele che avrebbe manomesso il dl, è scoppiata una vera e propria guerra tra Lega e 5 Stelle. Nei rapporti con Salvini, avevano spiegato fonti informate, è infatti calato il gelo. Difficile uscire dall'impasse ma Conte - tra una chiamata al ministro del Lavoro e un sms al collega degli Interni - ha lavorato di fino e, pur sfidando Salvini con il Cdm, ha cercato di smorzare i toni cercando di giocare in prima persona la partita del dl fiscale.

"Rivedrò il testo articolo per articolo", ha ribadito anche oggi di fronte alle perplessità degli azionisti del governo gialloverde. E il consiglio dei ministri sabato si terrà: "Non so se ci sarà Salvini, ma il Consiglio dei ministri si farà: sono io il premier e decido io ". Il vicepremier "è al nord e non so se farà in tempo a rientrare. Ma sicuramente si svolgerà. Il presidente del Consiglio sono io, decido io che si svolga".

In mattinata era stato il vicepremier Matteo Salvini a tagliare corto sulle modifiche al decreto fiscale, dopo che il viceministro del Carroccio Garavaglia aveva smentito di fatto Di Maio ("Il testo lo conoscevamo tutti"): "Quello che abbiamo discusso per ore l'ho trovato scritto, cosa fatta capo ha. Io quando prendo impegni con Di Maio e i cittadini li mantengo". "C'è paese che deve marciare, stiamo lavorando bene, non si può costruire di giorno e smontare di notte", aveva aggiunto da Bolzano facendo spallucce su un possibile cdm parlando di altri impegni in agenda. Salvo poi fare un passo indietro in serata: "Le polemiche aiutano solo gli avversari del governo, i burocrati europei e gli speculatori. Basta litigi, lavoriamo e risolviamo gli eventuali problemi parlando, non litigando".

Dopo un silenzio durato tutta la giornata, il vicepremier Di Maio è intervenuto nel tardo pomeriggio su Facebook, sostenendo che "relativamente al dl fiscale e all'ipotesi di condono per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, "il tema è politico e ha bisogno di un chiarimento politico". "La sede è in Consiglio dei ministri ma possiamo fare anche un vertice prima anche perché lo spread è a 327 perché i mercati pensano che questo governo non sia più compatto". "In nessun programma elettorale del M5S né della Lega né tantomeno nel contratto di governo c'è un salvacondotto penale per chi evade", ha precisato. "Non credo che neanche gli elettori della Lega si vogliano impuntare sullo scudo penale per chi si macchia del reato di riciclaggio", ha aggiunto poi ospite a W L'Italia su Rete4 sottolineando: "Questo irrigidimento di queste ora va risolto in una riunione. Sono contento che il premier Conte abbia convocato il Cdm". "Non voglio fare il pompiere. Non sono arrabbiato per finta... in questo momento noi non possiamo votare un decreto così, poi si troverà una soluzione come abbiamo fatto altre volte".

Il Quirinale, stando alle ricostruzioni di fonti qualificate di governo all'AdnKronos, avrebbe fatto cogliere la sua perplessità rispetto a norme che nel decreto in questione - ormai al centro del braccio di ferro M5S-Lega - vengono estese anche ai reati di riciclaggio e autoriciclaggio, ammettendo la non punibilità rispetto a dichiarazioni infedeli. In pratica uno stop a ogni tipo di depenalizzazione.

Nelle interlocuzioni informali intercorse con il Colle, viene spiegato dalle fonti, era già arrivata la richiesta di stralciare le norme sul cosiddetto scudo penale. Per i 5 Stelle, inoltre, è imprescindibile un colpo di bianchetto sullo scudo fiscale sui capitali detenuti all'estero. Quanto chiesto insomma da Di Maio. E poco importa se i provvedimenti al centro del mirino pentastellato fossero contenuti già in una bozza precedente del dl. La voce del Colle, manina o non manina, deve aver pesato molto più dell'alleanza di governo. E adesso, a guerra ormai scoppiata, la palla passa alla Lega.

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