Il balcone, si sa, ha sempre segnato la storia del Bel Paese. Stanotte, quando il vicepremier Luigi Di Maio e i ministri Cinquestelle sono apparsi in diretta tv con le dita a V in segno di vittoria, sul balcone di Palazzo Chigi, tutti sui social hanno revocato la 'tribuna' prediletta da Benito Mussolini per arringare la folla, quella di Palazzo Venezia. Il fermo immagine degli esponenti grillini esultanti per il varo di quella che hanno definito la 'manovra del popolo' è stata una prima assoluta per gli inquilini della presidenza del Consiglio.
Chi conserva la memoria storica dei trascorsi della sede del governo ricorda solo un caso, ma extrapolitico, quello di Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio laico della Repubblica italiana, che infranse un vero e proprio tabù. Per salutare la vittoria della nazionale di Enzo Bearzot ai mondiali dell'82, ancora prima della storica finale di Madrid, pur essendo agnostico del calcio, Spadolini preso dall'entusiasmo e infrangendo il protocollo si affacciò dal balcone della presidenza del Consiglio brandendo un Tricolore.
Anche Romano Prodi si lasciò andare a una esultanza sportiva fuori protocollo quando nel 2006 accolse trionfalmente gli azzurri guidati da Claudio Lippi neo vincitori del mondiale in Germania. Quella sera, erano da poco passate le 21, quando i giocatori capitanati da Fabio Cannavaro entrarono nel cortile di Palazzo Chigi con la coppa in mano e il leader dell'Ulivo cantò con loro l'inno di Mameli eseguito dalla banda dei carabinieri.
Prodi festeggiò il quarto titolo con brindisi e torta, non si sporse al balcone ma si limitò a salutare con la mano dalla finestra le centinaia di persone che si erano radunate in piazza Colonna per celebrare la vittoria tra trombe, sventolio di tricolori, cori assordanti come il 'Po, po, po' della canzone degli White Stripes 'Seven nation army' riadattata con il ritornello "Siamo campioni del mondo".
Si affacciò invece più volte da uno dei balconi di Palazzo Chigi Mussolini quando ricopriva la carica di ministro degli Esteri (correva l'anno 1922) e aveva il suo studio alla Galleria Deti. Il Duce usò il balcone che attualmente fa angolo tra via del Corso e piazza Colonna, la cosiddetta 'Prua d'Italia', per pronunciare i primi discorsi che avrebbe poi replicato a Palazzo Venezia. Per dovere di cronaca, nel 1925 le finestre di questo balcone furono obiettivo del fallito attentato di Tito Zaniboni a Mussolini che mantenne il suo studio nella Galleria Deti fino al 1931.