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Mattarella: "I migranti sono i nuovi schiavi"

(Fotogramma/Ipa - FOTOGRAMMA
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30 luglio 2018 | 10.19
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"La schiavitù ha rappresentato una delle maggiori vergogne dell'umanità. Oggi, la Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani ci impone di ribadire la condanna e la battaglia della comunità internazionale contro ogni forma di schiavitù, vecchia e nuova". Lo dice il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha rilasciato una dichiarazione in occasione della giornata mondiale contro la tratta di esseri umani.

"Terreno agevole per queste nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio - sottolinea il capo dello Stato -. Ogni giorno migliaia di persone pongono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate; una tragedia figlia delle guerre, della povertà, dell'instabilità dello sviluppo precario, alimentata e sfruttata da ignobili trafficanti di esseri umani, che li avviano a un futuro di sopraffazioni: sfruttamento lavorativo, adozioni illegali, prelievo di organi, reclutamento da parte della criminalità organizzata, sfruttamento sessuale.

Secondo Mattarella, "nessun Paese è immune da questa sistematica violazione della dignità umana che interpella la responsabilità della comunità internazionale nella sua interezza, rifuggendo la tentazione di guardare altrove. Soltanto la cooperazione può sconfiggere questo fenomeno, con una Unione Europea consapevole dei propri valori e delle proprie responsabilità".

"L'Organizzazione Internazionale del Lavoro - ricorda il capo dello Stato - denuncia che sono circa 40 milioni le persone vittime" delle nuove schiavitù. "Di queste - prosegue Mattarella - quasi 25 milioni sono costrette al lavoro forzato e 15 milioni a forme di matrimonio forzato. Numeri impressionanti che hanno spinto le Nazioni Unite ad adottare l'obiettivo di eliminare il traffico di esseri umani entro il 2030". Per Mattarella "si tratta di degenerazioni della nostra società, piaghe da eradicare con fermezza che interrogano le nostre coscienze e ci chiamano a una reazione morale, a una risposta adeguata con un maggiore impegno culturale e civile".

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