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I piani di Silvio

(Afp) - AFP
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04 giugno 2018 | 20.22
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Da imprenditore di successo sa che un brand, finito il suo 'ciclo', va cambiato. Il problema, però, è far digerire questo cambiamento alla 'vecchia guardia' e non solo. Silvio Berlusconi va ripetendo da tempo che Forza Italia, la sua creatura politica fondata nel '94, va rilanciata e rinnovata, puntando su volti nuovi, possibilmente giovani. Ma in pochi ci hanno creduto, perché passare dalle parole ai fatti non è sempre così facile. E poi il Cav, si sa, ha sempre preferito soprassedere e rinviare sine die ogni 'rivoluzione azzurra' annunciata pur di non mettersi contro mezzo partito.

Stavolta, però, a maggior ragione con il ruolo di opposizione che Fi si prepara a svolgere dopo la nascita del governo giallo-verde e grazie alla riabilitazione che gli ridà piena agibilità politica, raccontano, l'ex premier sembra intenzionato a fare sul serio e starebbe aspettando solo il momento più opportuno per agire e scongiurare il rischio salvinizzazione del partito. Ultimi sondaggi alla mano, di fronte all'opa della Lega in atto sul territorio, qualcosa va fatta, non si può stare fermi, fanno sapere da palazzo Grazioli. L'obiettivo è riportare Fi dal 14% (registrato il 4 marzo, giorno dello storico sorpasso di Matteo Salvini) al 20% e bloccare, dove è possibile, lo 'shopping leghista'. Tra le fila del Carroccio, infatti, molti scommettono che verranno tanti da Fi.

Di certo, a breve, qualche coordinatore regionale sarà sostituito e gli assetti organizzativi verranno rivisti. Serve un "cambio di passo" e "una cabina di regia" per decidere e gestire la linea politica day by day e evitare fughe in avanti di singoli, con conseguenti divisioni interne, puntualmente presi di mira dalla stampa, è il ragionamento che viene fatto nell'inner circle berlusconiano.

Tramontata l'idea di un coordinatore unico, sul tavolo di Arcore, riferiscono, in queste ore ci sarebbero due opzioni: la creazione di un 'comitato ristretto' formato dai fedelissimi, una sorta di 'war room' permanente, o meglio, di segreteria politica, che rimetta in moto la macchina e agisca sotto la supervisione del presidente di Fi, con l'aiuto magari di un vice e l'ipotesi del 'triumvirato' per il Nord, il Centro e il Sud, ovvero la nomina di tre coordinatori con precise competenze territoriali per meglio garantire la rappresentanza delle varie anime interne azzurre.

I nomi più gettonati per avviare il nuovo corso sono sempre quelli di Antonio Tajani e Adriano Galliani. Per ora il rinnovo del partito si è limitato alla nomina del tandem rosa Bernini-Gelmini alla guida dei gruppi parlamentari, dell'ex direttore di 'Panorama' Giorgio Mulè come portavoce unico dei gruppi e di Maurizio Gasparri come responsabile di Fi per concordare e coordinare con gli alleati le candidature locali per le prossime amministrative.

Il corpaccione di Fi è sempre in fibrillazione. Molti temono l'abbraccio mortale della Lega e cercano di riposizionarsi. E sotto traccia divampa lo scontro tra nordisti e sudisti che accusano i primi di aver 'salvinizzato' il partito. L'ultima parola, come sempre, spetterà al Cav, che "non punta mica a un azzeramento, per carità", assicurano a palazzo Grazioli, ma a un rinnovamento, soprattutto, sul territorio. Non c'è nessuna intenzione di mandare in soffitta la sua creatura politica: ''Il nostro futuro si chiama Fi", assicurò l'ex premier quando nel marzo scorso uscirono delle indiscrezioni sul ricambio generazionale e organizzativo del partito.

Nessuno può fare a meno di Fi, unica forza moderata e tranquilla all'interno della coalizione, saldamente ancorata al Ppe e unico argine al populismo dilagante in Europa, avrebbe detto ai suoi il leader azzurro, citando lo slogan della 'force tranquille' che nell''81 portò il socialista François Mitterrand alla vittoria delle presidenziali.

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