Il paziente potrà avvalersi del diritto di abbandonare le cure. E' la facoltà che è stata riconosciuta con l'approvazione, da parte dell'aula della Camera, di un emendamento al ddl sulle Disposizioni anticipate di trattamento e sulle norme in materia di consenso informato, che ha soppresso il sesto comma dell'articolo 1 della legge. Il comma abrogato prescriveva che il "rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico o la rinuncia al medesimo, non possono comportare l'abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l'erogazione delle cure palliative".
Dal canto suo il medico potrà però rifiutarsi di 'staccare la macchina' che tiene in vita un paziente, nel momento in cui questo abbia deciso di rinunciare alle terapie sanitarie. Puno degli emendamenti-cardine (presentato dalla commissione Affari Sociali) della legge sul consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento.
L'emendamento - passato con 281 voti, 120 contrari e dieci astensioni - ha 'rotto' l'asse Pd-M5S, che aveva finora caratterizzato l'iter della legge, ed è stato votato da Pd, Ap, Lega, Udc, Ds-Cd e da una parte maggioritaria di Fi ma non dal M5S che si è opposto perché, come ha spiegato il deputato Matteo Mantero, "introduce una forma di obiezione di coscienza" per i medici. Ha votato no anche Articolo 1-Mdp.
"Il medico - recita l'emendamento approvato - è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali". La relatrice Donata Lenzi (Pd) ne ha spiegato la ratio, ammettendo che l'emendamento era stato uno dei più discussi e sulla quale la commissione non era riuscita a trovare un punto di incontro. "Staccare' un paziente da una macchina - ha detto - richiede al medico un comportamento attivo, qualcosa che va oltre l'astensione". "Con questa norma, se il medico ritiene che una certa decisione vada contro le sue convinzioni, allora il medico può dire 'mi astengo' e, come stabilisce il codice deontologico, deve continuare a farsi carico delle cure del paziente, fino a che non arrivi un collega a sostituirlo. Non possiamo puntare il fucile alla tempia del medico e imporgli di staccare il paziente dalla macchina".
"Non è neanche vero - ha continuato Lenzi - che la struttura sanitaria non sia obbligata a dare seguito alle volontà del paziente, perché il comma 10 dell'articolo 1 dice chiaramente che le strutture devono dare piena attuazione alla legge e dovendo dare piena attuazione alla legge, le strutture sono chiamate a trovare una 'risposta attiva'", affinché la volontà del paziente sia rispettata. "Quello che noi non abbiamo voluto fare è una scelta esplicita che preveda un meccanismo analogo a quello della legge 194, con gente che prima ancora di trovarsi davanti al caso concreto anticipa già quello che farà, elenchi di persone disponibili o non disponibili, perché quel sistema ha mostrato di avere grandi limiti e che quindi non voglio si riproduca. In questo campo più di tutti gli altri, ogni scelta del medico e del paziente, rappresentano, hanno una loro storia", ha concluso Lenzi.