La legge sulle Unioni civili prevede che le coppie di omosessuali maggiorenni possono unirsi civilmente davanti al sindaco (o agli altri ufficiali di stato civile) e due testimoni. Il 'contratto' che attesta il vincolo verrà registrato e conterrà tra l’altro la scelta del regime patrimoniale. Il cognome di uno dei due può essere indicato come cognome comune. L’unione civile è però nulla se sussistono già una precedente unione o un matrimonio, rapporti di parentela e affinità o nel caso di infermità mentale o condanna per omicidio o tentato omicidio del coniuge o contraente del partner.
Dall’unione civile discendono nella sostanza gli stessi diritti e doveri del matrimonio, a eccezione dell’obbligo di fedeltà. L’unione, dunque, comporta l’obbligo reciproco all’assistenza e alla coabitazione e ciascun contraente dovrà contribuire ai bisogni comuni e concordare l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune. Spiccano, tra gli altri, il diritto al mantenimento, agli assegni familiari, ai congedi parentali, alla pensione di reversibilità, al ricongiungimento familiare e alla cittadinanza italiana per lo straniero, ad assistere il compagno malato ed esercitare le sue volontà.
Il testo dispone inoltre che il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, fatta salva la possibilità di formare una convenzione patrimoniale (sulla falsariga di quella matrimoniale) o di optare per la separazione dei beni. In caso di morte, Tfr e indennità sostitutiva del preavviso spettano al partner. Quanto ai diritti successori, vale la quota di legittima.
Il diritto di adottare il figlio del partner (la cosiddetta stepchild adoption) è stato soppresso e saranno dunque i giudici a valutare eventuali richieste sulla base della normativa vigente. All’unione civile si pone fine manifestando (anche disgiuntamente) volontà in tal senso davanti all’ufficiale di stato civile. Dopo tre mesi può essere presentata domanda di scioglimento.
Si applicano le norme sulla negoziazione assistita e sul divorzio davanti al sindaco e quelle sull’assegno di mantenimento. Se nella coppia gay uno dei due partner cambia sesso, l’unione si scioglie. Si trasforma invece automaticamente in unione il matrimonio quando a cambiare sesso è uno dei coniugi ma c’è la volontà di entrambi di non cessarne gli effetti civili.
Le coppie etero o gay possono sottoscrivere davanti al notaio un contratto di convivenza. I conviventi devono essere maggiorenni, coabitanti e uniti da stabili legami affettivi e da reciprocità di assistenza. Non vi devono però essere rapporti di parentela, affinità o adozione o matrimonio e unione civile. I conviventi hanno gli stessi diritti di chi è sposato per ciò che riguarda l’ordinamento penitenziario (colloqui e permessi di visita) e in caso di malattia e ricovero del partner (accesso a informazioni e decisioni in materia di salute, donazione di organi e modalità esequie).
I patti di convivenza, modificabili in qualunque momento, permettono di scegliere la comunione dei beni e stabilire la residenza e come contribuire alla vita in comune. Il contratto può essere risolto di comune accordo e per recesso unilaterale. Quando la convivenza di fatto cessa, il partner in stato di bisogno ha diritto agli alimenti (parametrati alla durata del rapporto). Il convivente infine, in base al lavoro svolto, ha diritto di partecipare agli utili nell’impresa del partner. Diritto alla casa se muore il compagno.
Quando muore il convivente proprietario della casa dove la coppia risiede, il superstite ha diritto a restare (al massimo) per altri 5 anni. Se il compagno venuto a mancare era invece l’unico titolare del contratto di locazione, il superstite può subentrare nell’affitto. Il rapporto di convivenza, inoltre, è equiparato al matrimonio per ciò che riguarda le graduatorie per l’assegnazione delle case popolari.