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Referendum

Catalogna, adesso che succede?

(Afp) - AFP
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02 ottobre 2017 | 10.26
LETTURA: 5 minuti

di Federica Mochi

Sono circa le undici di sera quando Plaça de la Catalunya esplode in un boato di gioia e le bandiere iniziano a sventolare selvaggiamente: il sì pronunciato dagli indipendentisti ha vinto con il 90,09% dei voti. Nonostante il divieto imposto da Madrid, i catalani, che durante la mattinata sono stati presi a calci e manganellate dalla Guardia Civil, non si sono persi d'animo. Sono rimasti in coda per ore davanti ai seggi illegali, hanno resistito a scontri e cariche, a proiettili di gomma e repressioni, pur di votare sì al quesito "Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?".

Oltre due milioni di persone sperano di ottenere l'indipendenza da un Paese che, all'alba del risultato referendario, appare più spaccato che mai. Seppur scontato, è indubbio che l'esito del voto avrà conseguenze decisive per il futuro della Spagna, in quello che si annuncia già come un percorso a ostacoli. Da un lato Madrid si è detta pronta a revocare l'autonomia alla Catalogna. Dall'altro, Barcellona è disposta a tutto pur di rivendicare la secessione. A quasi 80 anni dalla fine della Guerra civile che ha insanguinato il Paese e con il fantasma del franchismo tornato ad aggirarsi tra gli indipendentisti, quella del referendum sembra essere solo l'inizio di una crisi divenuta ormai insanabile.

Per domani i sindacati hanno annunciato uno sciopero per protestare contro "la grave violazione del diritto e delle libertà". Il premier spagnolo Rajoy ha parlato di "messa in scena", il presidente catalano Puigdemont, si è appellato all'Europa, affermando che "non può più voltarsi dall'altra parte". Ma come si è arrivati a una situazione simile e cosa succederà ora? Cosa farà Madrid? E come reagiranno i catalani?

COME SI È ARRIVATI FIN QUI - La Catalogna rivendica da anni la propria indipendenza. Le ragioni sono svariate e vanno dalle radici storiche e culturali della regione, che gode di un livello di autonomia e dall'uso di una lingua propria, a motivi politici ed economici. I separatisti rivendicano di voler gestire autonomamente la Catalogna, comunità autonoma e tra le regioni più ricche e industrializzate della Spagna. Gli indipendentisti non accettano le pressioni e i limiti imposti dalla Costituzione e dal governo centrale. La Corte Costituzionale spagnola a settembre aveva dichiarato il referendum incostituzionale appellandosi alla Costituzione secondo la quale 'La Spagna è una e indivisibile'. Ma la Generalitat, ossia il govern catalano, ha deciso di indire comunque il referendum, prevalicando su Madrid.

CHE SUCCEDE ORA? - Dopo la vittoria del sì, è probabile che entri in vigore la 'ley de desconexion', ossia la legge di separazione, che consiste nella possibilità da parte della Catalogna di invocare una dichiarazione unilaterale di indipendenza per avviare il processo di separazione. La Generalitat ha 48 ore di tempo per proclamarla, ma Madrid ha già fatto sapere che non la riconoscerà.

COSA PUÒ FARE MADRID? - Tante le opzioni che potrebbe prendere in considerazione Madrid. Se la Catalogna dovesse scegliere la linea dura della dichiarazione d'indipendenza, Madrid potrebbe forzare la mano a sua volta e applicare l'articolo 155 della Costituzione. Il testo indica che il governo potrà "adottare le misure necessarie" per "costringere" una Comunidad Autonoma al "rispetto forzoso" dei suoi obblighi e alla tutela dell'interesse generale. Finora però non si è mai dovuto applicare la norma, in base alla quale peraltro il governo è tenuto a specificare quali misure concrete vuole adottare e sottoporle all'approvazione del Senato, dove il Partito popolare dispone della maggioranza assoluta. Se invece Madrid decidesse di adottare una linea più morbida, si potrebbe aprire la strada di una riforma della Costituzione per introdurre il referendum legittimo per l'autonomia. Tutte le misure devono comunque essere votate dal Senato. Il premier Rajoy, nonostante abbia sottolineato il carattere illegale del voto, sostenendo che "non c'è stato un referendum per l'autodeterminazione della Catalogna", si è detto aperto a un dialogo democratico.

COSA CHIEDE BARCELLONA - Barcellona è sempre stata disposta ad avviare una trattativa con Madrid, ma è probabile che cercherà di rivendicare l'indipendenza proclamata dalla vittoria del referendum. Un voto che secondo il governo di Madrid si è svolto in modo illegale, non ha convinto tutti i catalani, e ha avuto luogo, in alcuni casi, con schede stampate a casa. La Catalogna rivendica l'introduzione nella Costituzione spagnola del referendum per l'autonomia in modo da poter votare legalmente.

"In questa giornata di speranza e sofferenza i cittadini della Catalogna hanno vinto il diritto a uno Stato indipendente in forma di Repubblica", ha detto il presidente Puigdemont, annunciando che nei prossimi giorni invierà i risultati del voto al Parlamento catalano "dove risiede la sovranità della nostra gente, in modo che possa agire secondo quanto previsto della legge sul referendum". Il leader catalano ha inoltre fatto appello all'Unione europea, sottolineando che "non può continuare a guardare dall'altra parte".

CI SONO RISCHI PER RAJOY? - Già alla guida di un partito di minoranza, il premier spagnolo Mariano Rajoy, potrebbe ritrovarsi a dover gestire il post referendum in una situazione precaria, dopo gli scontri e la tensione di ieri. Oltre a essere stato accusato di aver usato la forza per reprimere il voto catalano, i socialisti e i baschi che sostengono il suo Partito popolare potrebbero decidere di distaccarsi dalla sua linea e fare un passo indietro.

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