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Josep Lluis Trapero, chi è l'eroe catalano a capo dei Mossos

(AFP) - AFP
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28 settembre 2017 | 11.22
LETTURA: 3 minuti

"Un puro sangue catalano". Così viene definito dai suoi sostenitori Josep Lluis Trapero, il comandante dei Mossos d'Esquadra, la polizia catalana in questi giorni al centro dell'attenzione (e delle polemiche) per la gestione del delicato braccio di ferro tra Madrid e Barcellona sul referendum indipendentista.

Al di là delle promesse di collaborazione a tutti i livelli, Guardia Civil e Mossos d'Esquadra sembrano mostrare un reciproco fastidio, facendo emergere la difficile convivenza tra due mondi diversi: Spagna e Catalogna. Un fastidio che forse si è acuito da quando comandante dei Mossos è diventato Josep Lluis Trapero, assurto nel giro di poco tempo, ad eroe dell'indipendentismo catalano. Pochi giorni fa, i Mossos sono stati criticati da Madrid per l'atteggiamento "troppo blando" tenuto nei confronti degli indipendentisti, ma è più di una volta che Trapero ha 'disubbidito' a Madrid. L'ultima, risalente a ieri, è consistita nelle riserve espresse dai Mossos d'Esquadra, sull'ordine di chiudere i seggi dove è prevista domenica la votazione del referendum indipendentista, ritenuto illegale da Madrid. "L'attuazione delle istruzioni non esclude la responsabilità professionale di prevedere che applicarle potrebbe comportare conseguenze indesiderate", hanno scritto i Mossos su Twitter.

Basta digitare il suo nome sui social, per capire quanto Trapero sia amato dal movimento indipendentista catalano: fan club, pagine Facebook dedicate e foto accompagnate da sue citazioni. Questa ammirazione nei confronti del comandante dei Mossos è nata ad agosto, dopo gli attentati di Barcellona e Cambrils, quando nel corso di una conferenza stampa, un giornalista lo contestò perché rispondeva alle domande in catalano. "Se la domanda mi viene fatta in catalano, rispondo in catalano, se mi viene fatta in castigliano, rispondo in castigliano". Alla reazione del giornalista, che abbandonò la sala, Trapero rispose con un "Beh, molto bene. Allora arrivederci", pronunciato per metà in catalano e per metà in castigliano ("Bueno, pues molt bé, pues adiós"). Un commento che, scrive El Paìs, "lo ha umanizzato agli occhi dei cittadini". Da quel momento cominciò la simpatia nei confronti di Trapero da parte del popolo catalano: magliette, cappelli e striscioni con il suo volto e le parole usate per rispondere al giornalista.

Un altro rifiuto da parte di Trapero risale a pochi giorni fa, quando il ministero degli Interni ha annunciato l'intenzione di coordinare le forze di sicurezza catalane in tutte le azioni che serviranno a impedire il referendum del primo ottobre sull'indipendenza della Catalogna. Da parte di Trapero e dei Mossos la risposta è stata chiara: "non accetteremo il coordinamento".

51 anni, figlio di un tassista di Valladolid e cresciuto a Santa Coloma de Gramanet, Trapero appare duro, scontroso e diffidente ma proprio grazie al suo atteggiamento è riuscito a diventare in poco tempo l'eroe del popolo indipendentista catalano.

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