di Federica Mochi
Si insultano a vicenda, minacciano di distruggersi, tengono il mondo con il fiato sospeso a suon di botta e risposta al vetriolo. Trump contro Kim, Kim contro Trump. Sembrano toni da film western quelli usati dai due leader nella fantaguerra che ogni giorno combattono a colpi di parole. E se per il presidente statunitense Rocket Man-Kim è "in missione suicida", il Rispettato Maresciallo non si fa certo cogliere di sorpresa, e liquida l'inquilino della Casa Bianca come 'dotard', 'un rimbambito'. Mitragliate di parole che continuano a incendiare il terreno di scontro. Certo non impugneranno la rivoltella, ma tra missili, bombe all'idrogeno ed esercitazioni militari, i due tengono in mano le sorti del mondo.
CHI LA SPARA PIU' GROSSA - Stile da combattente, epiteti efficaci e concisi. Pochi appellativi ma incisivi, sventagliati il più delle volte via Twitter. Quando parla del dittatore nordcoreano Donald Trump non usa mezzi termini. Prima è 'un biscottino intelligente', 'un ragazzo sveglio'. E poi 'paranoico', 'l'uomo razzo', 'un pazzo con le armi nucleari'. Certo all'inizio dello scontro i toni usati dal presidente statunitense apparivano più moderati. Ad aprile, quando Kim Jong-un appariva pronto al dialogo, Trump non aveva nascosto le sue buone intenzioni, dicendosi pronto a incontrare il Maresciallo "a determinate condizioni". Un secolo fa, se si pensa alle ultime, feroci, intimidazioni: "Distruggeremo la Corea se minacciati", ha detto Trump all'Assemblea generale dell'Onu, dopo aver giurato 'fiamme e furia' contro il regno eremita, "un regime depravato".
KIM NON SI SCOMPONE - Quando risponde alle esternazioni di Trump, Kim Jong-un appare più razionale e meno impulsivo del presidente americano. Le stoccate di Trump non sembrano minimamente sfiorarlo. The Donald lo chiama 'Rocket Man'? Lui non si scompone. Anzi rilancia, chiamando il presidente americano "un cane che abbaia", "un rimbambito", "uno squilibrato". Gli Stati Uniti? Il dittatore li dipinge come "imperialisti", "yankee" che "la pagheranno cara". A volte però le sue dichiarazioni fanno venirela pelle d'oca. Come quando, commentando il video del lancio del missile balistico Pukguksong-2 a maggio, il dittatore si lasciò sfuggire: "Visto dalla testata di un missile il mondo appare bellissimo".
MOSSE E CONTROMOSSE - Tattiche, scenari apocalittici e contromosse sono da mesi sul tavolo dei due leader. Ma cosa vogliono veramente? Il problema del dittatore nordcoreano non è come si rivolge alla comunità internazionale, ma il grado di apprezzamento che ha nel suo mondo. Come ricordava qualche settimana fa il presidente del Centro studi internazionali ed esperto di strategie militari Andrea Margelletti all'AdnKronos "se Kim Jong-un volesse la guerra l'avrebbe già fatta, dato che Seul è a portata di cannone e potrebbe fare dei danni inenarrabili nell'arco di qualche minuto".
La sua strategia è un'altra. "Sta cercando di essere riconosciuto come una superpotenza globale al pari della Cina, degli Stati Uniti e della Russia - chiosa Margelletti - Il problema è che se lo si concede a lui, la diga crolla. Dato che non abbiamo una visione strategica occidentale, stiamo sempre giocando di rimbalzo".
Trump, dal canto suo, continua a imporre sanzioni su sanzioni, cercando di strozzare così l'economia di Pyongyang. Ieri il presidente Usa ha firmato l'ordine esecutivo per imporre nuove misure e stringere in una morsa il regno eremita. Così facendo intende colpire società e istituzioni finanziare "che finanziano e facilitano il commercio con la Corea del Nord". In realtà, "gli affari con la Corea del Nord li fanno in pochi - sottolinea Margelletti - il problema drammatico è che l'Occidente è straordinariamente capace di vincere le guerre, ma quando deve vincere la pace ci troviamo in problemi complessi. Il vero grande dramma è se il dittatore della Corea del Nord, continuando a giocare al rialzo, farà qualcosa che costringerà per forza l'Occidente a reagire".