"Il G7 ha funzionato alla grande". Quando Paolo Gentiloni arriva all'hotel San Domenico per tracciare un bilancio del summit dei Grandi, Donald Trump sta lasciando Taormina senza parlare (lo farà a Sigonella), Angela Merkel ha rinunciato alla sua conferenza, il comunicato finale è stato chiuso senza i risultati sperati su clima e commercio mondiale. Ma il premier ha pochi dubbi, il format G7 non avrà più lo stesso peso di 30 anni fa ma "serve sempre".
Quello presieduto da Gentiloni è infatti una sorta di G7 della "concretezza", della forza dei risultati possibili. Non a caso lo stesso premier, nella conferenza di fine vertice, elenca subito quegli aspetti positivi che ai più forse sembrano scontati: l'organizzazione, la sicurezza, l'impatto su Taormina, lo 'spot' alla bellezza della Sicilia e dell'Italia. Tutte cose concrete, che restano. Anche se "ci sono problemi politici e differenze" nell'agenda discussa dai Grandi, come dice apertamente Gentiloni.
E c'è stata, soprattutto, una "discussione autentica e vera". Non è un dettaglio secondario per il presidente del Consiglio, perché la discussione autentica "serve a mettere a fuoco le posizioni anche quando sono diverse, individuando convergenze quando è possibile, o rendendo più chiare le differenze quando ci sono". Con queste premesse, si capisce perché il premier si dice soddisfatto di questo G7 italiano.
Dal punto di vista dei contenuti, per Gentiloni i punti chiave del G7 sono stati diversi. "Il successo più grande è l'impegno comune contro il terrorismo", ha spiegato. La 'dichiarazione di Taormina' resta agli atti per aver messo per la prima volta il problema del 'web terrorismo' al centro della lotta agli estremismi. Poi il premier non ha dubbi a definire come "positivo" il punto di incontro sul commercio.
"Un passo in avanti" che ha "sgomberato il campo da una idea per la quale chi ha molto sottolineato la necessità di tutelare le categorie più colpite dalla globalizzazione sia necessariamente a favore di una radicale chiusura protezionistica". In soldoni, nel comunicato finale è stata inserita proprio su spinta della presidenza italiana la "lotta al protezionismo". Anche sui migranti, pur ammettendo che il tema resta fondamentale per l'Italia, Gentiloni riesce a trovare l'aspetto positivo: "C'è stata un'intesa su temi migratori e sull'impegno comune per affrontarli nell'immediato". Chi alla vigilia parlava di possibili intese epocali sbagliava, perché "non era il format del G7 quello che deve risolvere" il problema delle migrazioni.
Resta sul campo del G7 il 'climate change', con tutti i no dell'amministrazione Trump (che pure Gentiloni ha descritto come "curioso e interessato" al confronto): "La differenza è emersa molto chiaramente nelle nostre discussioni. Ma discutere è sempre utile, in alcuni casi si trovano punti di intesa, altre volte no. Ma l'Italia non cambierà posizione sul climate change". Ma per l'Italia non è secondario il fatto che i 6 grandi, Italia in testa, abbiano confermato con forza l'impegno sugli accordi di Parigi e che abbiano dato a Trump "formidabili motivi per decidere bene" cosa fare. Per tutti questi motivi, si può allora dire che il G7 "ha funzionato alla grande".
MERKEL HA CONVINTO TRUMP SU LOTTA A PROTEZIONISMO - E' stata la cancelliera tedesca Angela Merkel, che per tutto il tempo ha giocato di sponda con la presidenza italiana del G7, a convincere Donald Trump ad accettare di inserire nel comunicato finale del vertice il riferimento alla lotta al protezionismo. E' quanto apprende l'Adnkronos da fonti presenti al summit di Taormina, secondo cui la 'svolta' si è avuta questa mattina, con Trump "che si è convinto dopo aver ascoltato le argomentazioni di tutti i leader, d'accordo nel volere un commercio più regolamentato".
E in questo "è stata bravissima la Merkel", sostengono le fonti, secondo cui ancora nella notte i negoziatori americani erano "irremovibili" e non arretravano di un millimetro rispetto alle posizioni con cui si erano presentati al vertice. Vertice nel quale l'atmosfera è stata "buona, migliore di quanto si sia percepito dall'esterno", anche tra il presidente americano e la cancelliera, nonostante le indiscrezioni degli ultimi giorni.
Trump ha mostrato di essere "molto curioso e interessato ai temi", raccontano le fonti, spiegando che lo sforzo in questa occasione è stato di quello di adattare il linguaggio diplomatico al suo linguaggio di imprenditore: "Era essenziale trovare le giuste argomentazioni e presentarle con uno stile simile a quello in cui si conducono gli affari".
"Ma anche lui ha fatto lo sforzo di adeguarsi ai rituali del cerimoniale, ha cercato di capire come muoversi" in un contesto a lui sconosciuto. E l'atmosfera informale del G7 ha favorito questo sforzo. E questo conferma l'utilità del formato per colmare distanze e differenze che alla vigilia sembravano più grandi.
MERKEL - "Insieme terremo aperti i nostri mercati e agiremo per combattere il protezionismo, mentre, allo stesso tempo, assicureremo che le pratiche commerciali scorrette saranno contrastate in modo vigoroso" ha detto Merkel al termine del vertice.
Per la cancelliera invece è "estremamente problematico, per non dire molto insoddisfacente" che il summit del G7 non abbia potuto trovare un accordo sul cambiamento climatico, con sei stati membri che hanno una posizione diversa dagli Stati Uniti sulla questione.
"Non vi sono indicazioni di nessun tipo se gli Stati Uniti rimarranno nell'Accordo di Parigi. Di conseguenza, non abbiamo evitato la questione, ma abbiamo ben chiarito che noi, i sei membri più l'Unione Europea, naturalmente, rispetteremo gli obiettivi", ha detto Merkel, riferendosi all'obiettivo di un riscaldamento globale che non vada oltre i due gradi.
L'accordo di Parigi è un "accordo centrale per dar forma alla globalizzazione", ha aggiunto la cancelliera, definendo "un successo" la discussione su questo tema avuta con i leader africani. Il fatto, ha detto ancora, che il lago Ciad si stia asciugando è un esempio di quanto "la battaglia contro il cambiamento climatico sia di importanza essenziale per loro". "La questione dell'accordo di Parigi è così importante che su questo non possono essere fatti compromessi", ha concluso.
MACRON - Sul tema del clima "le discussioni sono state ricche" e "penso che sono stati fatti progressi e che c'è stato un vero scambio" ha affermato il presidente francese, Emmanuel Macron. Il presidente si è detto fiducioso nella possibilità "di ridurre i disaccordi" con gli Stati Uniti su questo tema ma "non farò speculazioni" circa quello che il presidente Donald Trump deciderà nelle prossime settimane. "E' una persona pragmatica", ha sottolineato ancora Macron auspicando che Trump "possa prendere coscienza delle sfide che rappresenta il clima anche a livello economico per gli Stati Uniti".
Quanto alle migrazioni, "serve un'altra politica migratoria" ma più che un tema per il G7 "è un tema europeo" perché "non è un tema né per il Giappone, per gli Stati Uniti e il Canada" ha detto Macron. In particolare, a livello europeo, "si deve puntare a una politica comune sulla gestione del diritto di asilo".
TRUDEAU - "Il G7 è forte e unito alla fine di questo summit" ha dichiarato il premier canadese Justin Trudeau, ringraziando il premier Paolo Gentiloni per "il successo" del vertice. Poi, a una domanda su come possa considerare "forte e unito" il G7 dopo che sul clima il consenso per andare avanti con l'accordo di Parigi ha riguardato sei Paesi su sette, Trudeau ha risposto: "Rispetto il diritto dei leader dei diversi Paesi di fare le proprie scelte, rispetto la scelta del presidente Trump di fare una riflessione ulteriore" sulla questione del clima. Detto questo, ha sottolineato, "io ho chiarito più volte che non si può costruire un futuro economico forte se non si protegge l'ambiente".
Quanto al tema dei flussi migratori "non ci sono soluzioni facili, ma c'è stato l'impegno a lavorare responsabilmente per migliorare le opportunità per le persone" che vivono in alcune aree del mondo, ha affermato il premier canadese.
Trudeau ha annunciato che il vertice del G7 del prossimo anno, sotto presidenza canadese, si terrà nella regione di Charlevoix, in Quebec, confermando così le indiscrezioni di ieri della stampa di Toronto.