Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe "rivelato informazioni top secret al ministro degli Esteri russo e al suo ambasciatore" durante un incontro avvenuto alla Casa Bianca, la settimana scorsa. E' questa la notizia pubblicata dal 'Washington Post' che cita come fonte alcuni funzionari "precedenti e attuali", facendo riferimento all'amministrazione di Obama e a quella di Trump. Secondo il quotidiano statunitense le informazioni trasmesse dal presidente ai russi sarebbero altamente riservate e riguarderebbero lo Stato Islamico.
Si tratta, scrive il Washington Post, di "informazioni che sono state fornite a Trump da un partner alleato che però ne ha limitato la diffusione al solo governo degli Stati Uniti". Secondo i funzionari, il partner non avrebbe autorizzato l'amministrazione statunitense a divulgare tale informazioni alla Russia. Agendo diversamente, Trump avrebbe "messo in pericolo la cooperazione con un alleato fondamentale".
Nell'articolo, che appare come l'ultimo tassello del Russiagate, il Washington Post scrive che dopo l'incontro di Trump, i funzionari della Casa Bianca avrebbero cercato di contenere i danni e correre ai ripari, mettendo in moto la Cia e l'Nsa. "Si tratta di informazioni in codice" ha dichiarato un funzionario statunitense. La rivelazione del quotidiano della capitale arriva in un contesto particolarmente delicato per il presidente americano, a una settimana dal licenziamento dell'ex direttore dell’Fbi, James Comey, che indagava proprio sui possibili legami tra Washington e Mosca.
Il giorno dopo aver licenziato in tronco Comey, Trump ha suscitato polemiche, accogliendo nello Studio Ovale il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l'ambasciatore Sergey Kislya. E' durante questo incontro che Trump avrebbe rivelato dettagli riguardo una minaccia terroristica dell'Is legata all'uso di computer portatili e tablet sugli aerei. Notizie e particolari top secret che il presidente statunitense avrebbe divulgato ai russi.
Tuttavia, fa notare il quotidiano statunitense, se è vero che discutere di tali questioni sarebbe illegale, in qualità di presidente Trump avrebbe l'autorità per declassificare i segreti governativi. Quindi è improbabile che con la divulgazione di tali notizie Trump abbia in qualche modo violato la legge.
Dopo le rivelazioni del Washington Post, il generale Herbert Raymond McMaster, consigliere per la Sicurezza nazionale, ha liquidato la storia del quotidiano americano bollandola come "falsa". McMaster era infatti presente durante l'incontro di Trump con i russi. "In nessun momento sono state discusse fonti di intelligence e metodi - ha detto McMaster - o sono state divulgate operazioni militari che non siano già state rese note pubblicamente".
"Ero nella stanza, non è successo", ha insistito McMaster, secondo il quale quanto da lui sostenuto dovrebbe valere più di rivelazioni di fonti anonime. Nello Studio Ovale, mercoledì scorso, c'era anche il segretario di Stato Rex Tillerson, che, in una nota, ha precisato: "E' stata discussa un'ampia gamma di temi, tra cui le minacce e gli sforzi comuni contro il terrorismo. Durante questo scambio, è stata discussa la natura di minacce specifiche, ma non sono stati discussi metodi, fonti o operazioni militari".
Le precisazioni di McMaster e Tillerson non sono però bastate a frenare gli attacchi dell'opposizione democratica, né le perplessità di alcuni esponenti del Gop. Bob Corker, presidente repubblicano della commissione Esteri del Senato, ha parlato di "una spirale negativa" nella quale si è avvitata la Casa Bianca, dove la mancanza di disciplina sta creando "un clima preoccupante". Durissimo il commento del leader della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer: "Rivelare informazioni classificate a questo livello è estremamente pericoloso e mette a rischio le vite degli americani e di quelli che raccolgono informazioni di intelligence per il nostro Paese".