In un'intervista a Politico, il senatore del Kentucky che ieri a Louisville ha annunciato la sua candidatura alla nomination repubblicana, bolla il suo avversario alle primarie e la possibile sfidante democratica come voce dell'establishment e dei grandi interessi "che usano Washington come il loro salvadanaio".
"Credo che si debba obbedire alla legge e nessuno debba essere al di sopra delle legge. E credo che, chiaramente, Hillary Clinton, stando a quanto appare, evada la legge, e questo è qualcosa che preoccupa gli americani". Così Rand Paul, in un'intervista a Politico dopo l'annuncio della sua candidatura alla Casa Bianca ieri a Louisville, annuncia che anche durante le primarie repubblicane insisterà nell'attaccare l'ex segretario di Stato nella convinzione che gli americani possano avere "poca fiducia nel fatto che possa governare in modo onesto".
Ma il senatore del Kentucky - che nel suo Dna unisce la tradizione libertarian del padre Ron Paul insieme all'insurrezione del Tea Party che l'ha portato al Senato - intende giocare nella prossima corsa per la Casa Bianca anche la carta dell'uomo comune contro gli esponenti dell'establishment e dei grandi interessi. Non solo la Clinton - con il "flusso di soldi che vanno dal governo alle fondazioni di Bill Clinton agli azionisti di grandi compagnie che sono state approvate da Hillary Clinton quando era segretario di Stato" - ma anche Jeb Bush, suo avversario nella primarie repubblicane.
"E' un po' come Clinton, è una notizia di ieri, per persone che vogliono andare sul sicuro, suo fratello è stato presidente, suo papà è stato presidente", ha detto Paul che, invece, a proposito di suoi padre, il campione del movimento libertarian, deputato del Texas più volte candidato outsider alla Casa Bianca, afferma che il suo "compito è prendere quello che ha iniziato e renderlo più grande". Non a caso nel discorso, dai toni fortemente populisti, con cui ha annunciato la candidatura ha detto di voler "riprendersi il Paese dagli interessi speciali che usano Washington come il loro salvadanaio".
E non mancano dei tratti squisitamente 'libertarian" nella campagna che il 52enne repubblicano sta per lanciare. Per esempio quando si schiera con tutti gli americani, ormai dipendenti dai smartphone, che non si rassegnano all'idea che "tutti i posti dove vanno, tutti i loro dati vengano raccolti dal governo e conservati senza nessun sospetto, senza nessun autorizzazione". "Io penso allo stesso modo - ha detto a Politico - credo che la mia vita sia privata e non credo che il presidente né nessuno a Washington abbia capito quanto sia viscerale e forte la reazione contro queste invasioni della nostra privacy".
Anche in politica estera Paul, per quanto negli ultimi mesi si sia spostato, proprio in preparazione della candidatura, su posizioni più da establishment, si pone una linea opposta a quella interventista di un John McCain, se non proprio isolazionista. Se si parla di mandare truppe "in Libia, Iraq, Siria, Nigeria, penso che le persone dovrebbero fermarsi e pensare che dobbiamo difendere i nostri interessi, ma non necessariamente inviare truppe dappertutto in ogni momento".
Ma forse la sfida più difficile, e decisiva, che Paul dovrà affrontare non sarà quella con Bush ma quella con Ted Cruz, il repubblicano del Texas arrivato, anche lui, al Senato con l'insurrezione del Tea Party nel 2009, con il quale si dovrà contendere appunto l'appoggio della base ultra conservatrice alle primarie. "In un certo senso veniamo dalla stessa ala del partito, ed abbiamo votato in modo simile in questi anni al Senato" ha ammesso lo stesso Paul intervistato nelle scorse settimane quando Cruz aveva annunciato, a sorpresa, la candidatura bruciandolo sul tempo. "La cosa che ci distingue, credo che sia le idee che abbiamo per rendere questo partito più grande", ha poi aggiunto.