Si complicano le operazioni per liberare Tikrit, la città che ha dato i natali a Saddam Hussein nel nord dell'Iraq, dai jihadisti dello Stato islamico (Is). Le milizie sciite, che fino a pochi giorni fa appoggiavano le truppe dell'esercito regolare, hanno smesso di combattere per protesta contro i raid aerei lanciati sulla città dalla coalizione internazionale anti-Is guidata dagli Usa.
La decisione dei leader dei gruppi sciiti ha forti ripercussioni sulla capacità di contrastare i jihadisti sul campo. Il numero delle milizie dispiegate sul territorio, almeno prima dei raid, era infatti sei volte superiore a quello dei militari. Secondo alcune stime, attualmente a Tikrit combattono circa 4mila soldati.
Non tutte le milizie sciite, gran parte delle quali sono appoggiate dall'Iran, hanno reagito allo stesso modo di fronte ai 17 raid della coalizione effettuati tra mercoledì notte e giovedì. Alcune hanno annunciato lo stop ai combattimenti e il ritiro nelle zone immediatamente intorno a Tikrit, in attesa di riprendere le ostilità non appena i raid cesseranno. Altre fazioni più agguerrite, come Kitaeb Hezbollah (inserita dagli Usa nella lista nera delle organizzazioni terroristiche), hanno minacciato di abbattere gli aerei in quanto - a loro parere - i paesi della coalizione sono responsabili dell'ascesa dell'Is.
Le milizie impegnate nella campagna per la liberazione di Tikrit, seppur divise in gruppi distinti, appartengono a quelle 'Unità di Mobilitazione Popolare' la cui formazione è stata invocata nei mesi scorsi dall'ayatollah Ali al-Sistani, la massima autorità religiosa sciita dell'Iraq, per arginare l'avanzata dell'Is.
"Tutte le unità di mobilitazione popolare si rifiuteranno di combattere finché l'America non fermerà i raid", ha affermato uno dei leader delle Unità di Mobilitazione Popolare, Moeen al-Kadhimi. "Facciamoli provare (a liberare Tikrit, ndr) senza di noi. L'America sta solo provando a rubarci la vittoria", ha spiegato al-Kadhimi, illustrando i motivi dietro la scelta di sospendere i combattimenti.
"Non ci fidiamo della coalizione a guida americana. In passato hanno colpito i nostri uomini e mandato aiuti per errore all'Is", ha rincarato la dose Naeem al-Uboudi, portavoce di Asaib Ahl al-Haq, uno dei gruppi sciiti che ha deciso di sospendere le ostilità. "Non abbiamo bisogno che la coalizione partecipi a Tikrit. Tikrit è una battaglia semplice, possiamo vincere da soli", ha sottolineato al-Kadhimi, citato dal New York Times.
La battaglia per riprendere il controllo di Tikrit è considerata un test cruciale per capire le capacità delle forze anti-Is di espellere i jihadisti dal nord dell'Iraq e in particolare da Mosul, la seconda città del paese da giugno nelle mani dei seguaci del califfato, e prossimo obiettivo della campagna contro i jihadisti.
Da alcune settimane, tuttavia, l'offensiva contro Tikrit - che all'inizio sembrava procedere con relativa facilità - sta vivendo una fase di stallo. E l'uscita di scena delle 'Unità di Mobilitazione Popolare' potrebbe rallentare le operazioni.
Ma secondo Michael Knights, analista del Washington Institute for Near East Policy, anche solo i circa 4mila uomini tra soldati, forze antiterrorismo e polizia federale rimasti a combattere a Tikrit hanno la capacità di concludere positivamente l'operazione con il sostegno dei raid aerei. L'analista ha ricordato che, secondo stime delle autorità Usa, nella città di Saddam combattono circa 300 militanti dell'Is.