"La nostra aspettativa è che il Papa dia un messaggio al mondo contro la propaganda anti-islamica". Lo afferma il Gran Mufti di Turchia, Mehmet Gormez, in un'intervista ad Aki-Adnkronos International, alla vigilia dell'arrivo ad Ankara di Papa Francesco per una visita di tre giorni. Un'intervista nella quale definisce anche "inaccettabili" le persecuzioni contro i cristiani.
"La nostra aspettativa è che il Papa dia un messaggio al mondo contro la propaganda anti-islamica". Lo afferma il Gran Mufti di Turchia, Mehmet Gormez, in un'intervista ad Aki-Adnkronos International, alla vigilia dell'arrivo ad Ankara di Papa Francesco per una visita di tre giorni. Un'intervista nella quale definisce anche "inaccettabili" le persecuzioni contro i cristiani.
"L'islamofobia, che è cominciata con gli attacchi dell'11 settembre, si sta diffondendo nel mondo ogni giorno di più - denuncia Gormez, che è a capo della Direzione Affari religiosi (Diyanet), massima autorità religiosa della Turchia - Non è solo una questione di masse che, da sé, provano questo sentimento. Ci sono al contrario tentativi di creare la sensazione diffusa, soprattutto in Occidente, che l'Islam va di pari passo con il terrorismo e con la violenza".
Per il religioso, che incontrerà il Pontefice ad Ankara, "con i fatti recenti in Medio Oriente, i tentativi di creare una fobia dell'Islam sono cresciuti, traducendosi in tentativi di negare le libertà religiose per gli islamici, conquistate nei secoli passati". In questo quadro, "tutte le istituzioni religiose, a prescindere da chi e dove sono, devono mostrare sensibilità nei confronti delle minoranze religiose".
E' quindi "tra le nostre aspettative - dice Gormez - che (il Papa, ndr) mostri sensibilità per la nostra battaglia contro l'islamofobia nel mondo". Nei paesi in cui i musulmani sono minoranza "stanno venendo a meno - sostiene - le garanzie giuridiche per la salvaguardia del diritto alle cerimonie religiose e all'educazione religiosa. Ci aspettiamo quindi che tutte le istituzioni politiche non guardino agli enti religiosi come fonte di paura e accettino che la loro esistenza fa parte di un sistema sicuro".
Secondo il Gran Mufti, le crisi in corso nella regione, e in particolare in Iraq e in Siria, stanno dando al mondo un'immagine sbagliata dell'Islam. Ma si tratta, a suo giudizio, di crisi legate a "interessi economici e politici", ai "governi autoritari" che hanno governato quei paesi e non ultimo alla "occupazione dell'Iraq". E' necessaria quindi una "soluzione politica". "Nessuno - conclude il Gran Mufti - deve far pagare all'Islam il conto dei traumi che abbiamo conosciuto negli anni recenti".
Il Gran Muftì definisce anche "inaccettabili" le persecuzioni ai danni dei cristiani e delle minoranze religiose in Iraq, in Siria e in altri paesi musulmani. "Separare un popolo da un altro sulla base dell'appartenenza religiosa e settaria - aggiunge - è un tradimento delle antiche tradizioni di questa zona".
Cristiani ed altre minoranze, secondo Gormez, "sono parte della nostra antica storia". "Da un punto di vista culturale - dice ancora il religioso - i popoli del Medio Oriente condividono la stessa sensibilità, nonostante le differenze etniche, religiose e settarie. Su molte questioni, la loro percezione è la stessa". E' quindi "inaccettabile - sostiene - che qualcuno venga sottoposto alla violenza e al terrorismo per la sua religione o per la sua setta".
"Nessuno può fondare questa crudeltà sull'Islam o sulla civiltà islamica - afferma Gormez - Queste azioni non possono essere giustificate da interpretazioni strette, perché queste interpretazioni non sono mai state considerate valide, in una prospettiva storica".
Per il Gran Mufti, "costringere queste minoranze religiose a emigrare è un fatto tipico dei tempi recenti e un esame attento mostra che c'è una volontà politica dietro queste azioni e non valutazioni religiose". "Il concetto di cittadinanza uniforme in questa zona è stato introdotto di recente", sottolinea Gormez, che invita ad "abbandonare" queste idee e lavorare perché ci sia un "ambiente basato sulla giustizia e sullo stato di diritto". In questo senso, a suo giudizio, servirebbe un ordinamento che "porti la pace, con riferimento all'Islam, e che sia basato sulla morale del vivere insieme in un ambiente giusto".
"Le religioni - dice ancora il Gran Mufti - e le persone di fede non dovrebbero essere trascinate nelle guerre moderne basate sul petrolio, l'energia, il commercio e la politica, perché le guerre religiose hanno creato ferite profonde o inguaribili nelle società. Nella storia, le società che hanno sofferto di guerre tra religioni o di conflitti interreligiosi hanno avuto grandi difficoltà a ricostruirsi e prosperare".