"I migranti? Metto a disposizione le baracche, quelle dove attualmente vivono 10mila messinesi tra amianto, fogne a cielo aperto e sporcizia. Qualcuno mi accuserà di razzismo? Prima, però, dovrà spiegarmi perché in quelle strutture fatiscenti può viverci un italiano, ma un migrante no". A lanciare la provocazione all'Adnkronos è Cateno De Luca, il sindaco di Messina dove sabato notte sono arrivati i migranti soccorsi dalla Diciotti. I migranti sono stati condotti a bordo di pullman nell'ex caserma nel rione Bisconte senza che "nessuno si sia degnato di chiamarmi per coinvolgermi in questa storia - lamenta l'ex parlamentare regionale di Sicilia Vera - Non sono stato investito della questione".
"Per me non ci sono, quando qualcuno riterrà di chiamare il sindaco per avvisarlo di questa presenza nel suo territorio ne riparliamo" aggiunge, spiegando di aver "appreso dai giornali della presenza di X migranti all'hotspot di Messina. Vorrei capire a che livello siamo arrivati". Scortesia istituzionale? "Di più. Questa è una volgarità istituzionale". De Luca è arrabbiatissimo e non lo nasconde. "Al momento sono alle prese con tante altre emergenze, ma se mi gira... Applico le norme e faccio sgomberare mezzo mondo. Non so se quel luogo è agibile e neppure se siano state rispettate tutte le procedure o meno".
A mandare su tutte le furie il sindaco è la scelta di Messina per la realizzazione di un hotspot. Messo su in "una delle zone più delicate della città, quella in cui c'è ancora gente che vive nelle baracche e a cui non riesco a spiegare perché per certe cose si trovano i soldi e per loro no. Così si continua a gettare benzina sul fuoco" avverte, spiegando che a rischio c'è l'ordine pubblico.
Per Cateno De Luca il ministro Salvini, "al di là del fatto che su tante cose la pensiamo in maniera diversa, ha fatto bene. Badiamo bene, non per la vicenda in sé, perché quando si deve porre un tema in termini forti è ovvio che il fatto specifico rischia di essere 'sacrificato', ma perché c'è un tema di fondo che è lo stesso che pongo io a Messina. Io ho 10mila persone nelle baracche da 110 anni, 2.500 nuclei familiari che vivono tra i topi, sotto l'amianto, senza rete fognaria. Queste baracche sono lì dal terremoto del 1908, ecco perché dico che Messina era la città meno adatta in cui fare l'hotspot, per questa sua specificità, unica in Italia, che forse il Paese non conosce".
De Luca ha fatto un'ordinanza di sgombero. Entro il 31 ottobre queste persone dovranno lasciare le baracche. "Ho chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza al Governo, ma intanto devo trovare il posto per loro e sono pronto a requisire mezzo mondo perché io non tengo 10mila famiglie sotto l'amianto, non voglio i bambini che giocano tra la fogna e i ratti. Per me questa gente ha la priorità rispetto ai migranti. Mi accuseranno di razzismo? Allora facciamo così, tolgo queste famiglie da lì e le metto in albergo e sposto i migranti nelle baracche. Sono disponibili a trasferire i migranti nelle baracche di Messina? Gliele do tutte".
Secondo De Luca, inoltre, dall'Europa occorre pretendere più attenzione. "L'Italia da sola non può assumersi l'onere di questo fenomeno" dice. E se a Messina dovessero arrivare altri migranti? "Dirò no. Anzi, metterò a disposizione le baracche, qualcuno mi deve dire perché un italiano può starci e un migrante no". No comment, invece, sull'indagine a carico del capo del Viminale. "Dal momento che sono stato coinvolto e ancora in parte lo sono in vicende giudiziarie non sono la persona adatta a poter esprimere una valutazione sul rapporto politica-magistratura".