La decima sezione penale del tribunale di Milano ha condannato a tre anni di reclusione e 1300 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, Massimiliano Uggeri, nome noto nell'ambiente delle startup, nell'ambito di quella che è stata battezzata come la prima truffa 2.0. E truffa è il reato (ex art. 640 codice penale), tra i capi di imputazione che gli vengono contestati all'atto del rinvio a giudizio che comprendono anche diffamazione (giudicato insussistente) e falsità in scrittura privata (reato depenalizzato), di cui il tribunale riconosce l'imputato responsabile. Uggeri, chiamato nell'ambiente anche 'il reverendo, o 'iOS Evangelist', deve anche il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalle parti civili per un totale di quasi 186mila euro, oltre a 6000 euro di spese processuali sostenute dalle parti civili.
Tutto ha inizio il 6 giugno del 2014 quando vengono presentate alla Procura di Milano 16 denunce contro Uggeri. "Le truffe descritte nei capi di imputazione - si legge nella sentenza consultata dall'AdnKronos - sono definibili come seriali: emerge infatti dalla loro semplice lettura un modus operandi del tutto simile nei diversi casi, in un arco temporale relativamente ristretto che parte da inizio 2012 e si conclude nell'aprile 2014". In sostanza, Uggeri "si presentava ai convegni dedicati al mondo delle start up, o tramite una rete di conoscenze estranee a tale ambiente, come esperto del settore, nonché titolare di un fondo di investimento straniero, la MU Investment ltd".
Quindi, si legge nel dispositivo, si mostrava interessato alle idee e ai progetti di alcuni startupper e proponeva a questi ultimi e ai finanziatori di entrare in società. In particolare, Uggeri proponeva la costituzione di una società di diritto inglese, Ltd, con sede a Londra, quindi "stimava il valore dell'impresa, calcolando un minimo di capitale sociale da versare immediatamente al fine di rendere immediatamente operativa la società".
Faceva poi credere di avere costituito la società e di "avere versato un capitale che in realtà tratteneva presso di sè. Successivamente inviava una mail con cui sollecitava la restituzione di quanto anticipato. Ottenuto il rimborso di quanto apparentemente anticipato, Uggeri faceva naufragare il progetto e accampava una serie di scuse che non gli consentivano di restituire i soldi investiti dagli altri soci e versato sul suo conto personale". A volte ammetteva di essere in difficoltà, altre "si limitava a disperdere le proprie tracce".