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Truffe: condannato Uggeri, 'evangelista' delle startup

Truffe: condannato Uggeri, 'evangelista' delle startup
30 dicembre 2017 | 16.39
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La decima sezione penale del tribunale di Milano ha condannato a tre anni di reclusione e 1300 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, Massimiliano Uggeri, nome noto nell'ambiente delle startup, nell'ambito di quella che è stata battezzata come la prima truffa 2.0. E truffa è il reato (ex art. 640 codice penale), tra i capi di imputazione che gli vengono contestati all'atto del rinvio a giudizio che comprendono anche diffamazione (giudicato insussistente) e falsità in scrittura privata (reato depenalizzato), di cui il tribunale riconosce l'imputato responsabile. Uggeri, chiamato nell'ambiente anche 'il reverendo, o 'iOS Evangelist', deve anche il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalle parti civili per un totale di quasi 186mila euro, oltre a 6000 euro di spese processuali sostenute dalle parti civili.

Tutto ha inizio il 6 giugno del 2014 quando vengono presentate alla Procura di Milano 16 denunce contro Uggeri. "Le truffe descritte nei capi di imputazione - si legge nella sentenza consultata dall'AdnKronos - sono definibili come seriali: emerge infatti dalla loro semplice lettura un modus operandi del tutto simile nei diversi casi, in un arco temporale relativamente ristretto che parte da inizio 2012 e si conclude nell'aprile 2014". In sostanza, Uggeri "si presentava ai convegni dedicati al mondo delle start up, o tramite una rete di conoscenze estranee a tale ambiente, come esperto del settore, nonché titolare di un fondo di investimento straniero, la MU Investment ltd".

Quindi, si legge nel dispositivo, si mostrava interessato alle idee e ai progetti di alcuni startupper e proponeva a questi ultimi e ai finanziatori di entrare in società. In particolare, Uggeri proponeva la costituzione di una società di diritto inglese, Ltd, con sede a Londra, quindi "stimava il valore dell'impresa, calcolando un minimo di capitale sociale da versare immediatamente al fine di rendere immediatamente operativa la società".

Faceva poi credere di avere costituito la società e di "avere versato un capitale che in realtà tratteneva presso di sè. Successivamente inviava una mail con cui sollecitava la restituzione di quanto anticipato. Ottenuto il rimborso di quanto apparentemente anticipato, Uggeri faceva naufragare il progetto e accampava una serie di scuse che non gli consentivano di restituire i soldi investiti dagli altri soci e versato sul suo conto personale". A volte ammetteva di essere in difficoltà, altre "si limitava a disperdere le proprie tracce".

"Le persone offese, all'esito della vicenda, scoprivano da un lato che nella maggio parte dei casi l'identification code della nuova società di diritto inglese era falso o non riferibile alla società effettivamente creata dall'altra che nessuna somma era stata versata da Uggeri per la capitalizzazione della nuova società" e che dunque "i soldi erano rimasti sul conto dell'imputato". E se anche la società era stata costituita, "era avvenuto solo sulla carta, senza che essa venisse dotata di capitale né resa effettivamente operativa, diversamente da quanto Uggeri aveva riferito". Uno schema, precisa la sentenza, presente in tutti i capi di imputazione. Peraltro, si legge ancora, Uggeri "si faceva asseritamente carico dei maggiori oneri finanziari, dispensando gli altri da investimenti gravosi. "Pertanto, la circostanza in base alla quale i singoli investimenti non hanno avuto buon esito, ragionevolmente poteva condurre le persone offese a ritenere che il fallimento dello stesso derivasse da cause attinenti alla logica del mercato e non a un comportamento preordinato da parte dell'imputato". Il giudice, che ritiene i reati di truffa "avvinti dalla continuazione", riconosce a Uggeri le attenuanti generiche in virtù della"incensuratezza e della positiva condotta processuale dell'imputato".Contattato dall'Adnkronos, il legale difensore di Uggeri, Matteo Picotti, conferma che la sentenza è stata già impugnata "sotto diversi profili: sono state affrontate sia questioni di procedibilità, sia questioni di merito. Ci siamo difesi su ogni singolo episodio contestato". Una sentenza "legittima, ma parziale". "Quando questi reati - evidenzia - sfumano in un contratto, stabilire se c'è truffa o inadempimento contrattuale sarebbe più da giudice civile che penale. Ma siamo in quella sede e infatti la nostra tesi è che sia stata intentata una class action nei confronti di Uggeri in sede penale".

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