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"A Bolzaneto atti di tortura", Strasburgo condanna l'Italia

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26 ottobre 2017 | 14.15
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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia a risarcire alcune persone che, in occasione delle proteste contro il G8 di Genova, nel luglio del 2001, sono state vittime di "abusi fisici, verbali e psicologici che, secondo la Corte, costituiscono tortura", ad opera delle forze dell’ordine nella caserma di Bolzaneto. Si tratta di sentenze relative a due casi distinti, Blair e altri contro l’Italia e Azzolina ed altri contro l’Italia.

Per la Corte, che ha deciso all’unanimità, nei casi di specie c’è stata una violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che proibisce i trattamenti inumani e degradanti.

In particolare, nel caso di Blair e altri, la Corte ha stabilito che l’Italia deve risarcire 10mila euro ciascuna a due persone e 70mila euro ciascuno agli altri 22 ricorrenti, a titolo di danni non pecuniari, più 40.320 euro per costi e spese a 13 dei ricorrenti. Nel secondo caso, Azzolina ed altri, la Corte ha stabilito che l’Italia deve versare 85mila euro ad Azzolina e 80mila euro a ciascuno degli altri 23 ricorrenti.

I ricorrenti vennero arrestati e trattenuti a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio, rimanendovi uno o due giorni, a seconda dei casi, prima di essere trasferiti. Secondo i loro racconti, sono stati sottoposti a violenze sia dalle forze di polizia che dal personale medico. "In particolare - scrive la Corte - riferiscono di avere subito percosse e insulti, di essere stati spruzzati con gas irritante, di avere avuto i propri effetti personali distrutti, oltre ad aver subito altre forme di maltrattamenti".

"Non è stato loro fornito - continua la Corte - adeguato trattamento alle ferite subite in alcun momento, dato che le violenze sono proseguite anche durante gli esami medici". I ricorrenti hanno sostenuto di essere stati sottoposti a tortura e hanno evidenziato che le indagini dei tribunali nazionali non sono state efficaci, in particolare perché la prescrizione è scattata per quasi tutti i reati commessi e perché ad un certo numero di condannati è stata concessa la riduzione della pena.

Per la Corte di Strasburgo, "non ci sono dubbi sui maltrattamenti sofferti dai ricorrenti", poiché "sono stati accertati in modo accurato e dettagliato dai tribunali italiani". A causa della "mancanza del reato di tortura nel diritto italiano all'epoca degli eventi, praticamente tutti gli atti di violenza erano prescritti quando si è giunti a processo". Tra prescrizione e riduzioni, "nessuna delle persone responsabili ha ricevuto una punizione adeguata. La Corte ritiene pertanto che i ricorrenti non abbiano potuto beneficiare di un'indagine ufficiale efficace".

Pur riconoscendo gli sforzi fatti dai tribunali italiani nelle indagini, la Corte sottolinea che "la mancanza di collaborazione delle forze di polizia, unitamente al fatto che ai ricorrenti non era stato permesso di guardare in faccia gli agenti mentre si trovavano in stato di detenzione, aveva reso difficile, se non impossibile, identificare la maggior parte dei colpevoli, che pertanto non hanno subito alcuna conseguenza" per i reati commessi in servizio. La Corte osserva che "delle 45 persone sottoposte a processo, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna solo di otto ufficiali o dirigenti di polizia e che tutti i condannati hanno beneficiato di sconti o della sospensione della pena, con il risultato che, in pratica, nessuno ha passato un solo giorno in carcere in conseguenza dei maltrattamenti dei ricorrenti", che sono di varie nazionalità.

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