di Laura Botti
Al Viminale nuovo appuntamento tra il ministro dell'Interno Marco Minniti e i rappresentati delle Organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi in mare dei migranti per la firma del testo definitivo del Codice di condotta delle Ong. Un testo elaborato dal governo italiano con la Commissione europea e Frontex (Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera) - seguito al consenso intorno al "Piano di azione sulle misure per sostenere l'Italia" sul fronte migranti da parte del vertice dei ministri della Giustizia e degli Interni europei, che si è svolto a Tallin (Estonia) lo scorso 6 luglio - inviato il 18 luglio a nove organizzazioni: Medici senza frontiere; Moas (Migrant offshore aid station); Sos Mediterranée; Sea-Watch; Sea-Eye; Proactiva open arms; LifeBoat; Jugend Rettet; Save the Children. .
Il codice prevede l'introduzione di diverse misure volte a regolare l'attività delle Ong attive nei salvataggi in mare, tra cui il divieto di interrompere la trasmissione dei segnali e di entrare nelle acque libiche, l'impegno ad attestare la propria idoneità tecnica, a non inviare segnali luminosi per agevolare il contatto coi barconi e quello a non trasbordare i migranti su altre navi. A queste si aggiungono specifici obblighi di cooperazione con le autorità competenti, come quello di informarle costantemente sull'andamento delle operazioni di soccorso, specie quando avvengano al di fuori delle regioni di 'Search and Rescue' istituite, di trasmettere tutte le informazioni utili a scopo investigativo, di ricevere a bordo i funzionari di polizia giudiziaria. Si prevede poi l'impegno per le Ong di dichiarare le fonti di finanziamento e a collaborare nel recupero di barconi e motori usati dai trafficanti di uomini.
Il mancato rispetto delle nuove norme, prevede il codice, potrà comportare l'adozione di contromisure da parte della autorità italiane - che è previsto dovranno comunicare le violazioni allo Stato di bandiera e allo Stato di registrazione dell'Ong - tra cui ispezioni di sicurezza, richieste di produrre certificazioni idonee o il rifiuto di consentire lo sbarco nei porti nazionali in situazioni di non emergenza. Tra i punti più delicati e più discussi del Codice la presenza a bordo delle navi di ufficiali di polizia giudiziaria. "La polizia giudiziaria a bordo ha un'azione di tutela di coloro che agiscono nell'attività di salvataggio, non di altra natura", ha chiarito il ministro dell'Interno Minniti, "per questo non comprendo che si possa discutere la presenza di ufficiali della Polizia giudiziaria del paese dove le navi vengono accolte, e che gestisce l'ultimo approdo per il salvataggio".
L'Unicef invece mette in guardia dal fatto che il codice di condotta "potrebbe mettere a rischio molte vite, soprattutto quelle dei bambini". Secondo il codice di condotta proposto, le navi delle Ong non dovrebbero entrare in acque libiche per condurre operazioni di salvataggio, né utilizzare le telefonate o i razzi per segnalare la loro posizione alle imbarcazioni di migranti in difficoltà. I bambini potrebbero così essere esposti ad un forte rischio di essere rimandati in Libia senza attuare misure di protezione, esponendoli a reali deprivazioni, danni e gravi violazioni, le stesse principali cause che li hanno spinti a fuggire. "Gli obiettivi di rafforzare il quadro legislativo e di sicurezza - non importa quanto giustificabili - non devono impedire inavvertitamente le operazioni per salvare i bambini ed evitare che anneghino", ha dichiarato Justin Forsyth vicedirettore generale dell'Unicef.