Nel raid alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del luglio 2001, la polizia italiana compì degli atti di tortura contro gli occupanti. E' quanto ha stabilito la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, replicando il giudizio del 2015, pronunciato dopo il ricorso di Arnaldo Cestaro. Stavolta a ricorrere al giudizio della Corte sono stati 42 manifestanti, che la notte del blitz furono sia vittime che testimoni dell'uso "eccessivo, indiscriminato e chiaramente sproporzionato della forza" da parte degli agenti del VII Nucleo Antisommossa. Anche in questo caso la Corte ha riscontrato una violazione dell'Articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti Umani, riguardante la proibizione della tortura e di trattamenti inumani o degradanti.
Quella maledetta notte alla Diaz
La Corte di Strasburgo ha inoltre stabilito che l'Italia dovrà risarcire somme che vanno dai 45mila ai 55mila euro ciascuno a 29 vittime del pestaggio. Nonostante non opposero alcuna resistenza alla polizia, gli occupanti della scuola, la notte del 21 luglio del 2001 furono "sistematicamente pestati" dagli agenti, compresi coloro che erano sdraiati a terra o seduti con le mani alzate.
La Corte ha anche affermato che i procedimenti legali condotti in Italia contro i poliziotti coinvolti nell'episodio sono stati inadeguati, stigmatizzando l'inadeguatezza del sistema legislativo italiano riguardo le sanzioni contro gli atti di tortura.
Intorno alla mezzanotte del 21 luglio 2001, agenti di Polizia del VII Nucleo Antisommossa fecero irruzione nella scuola Pertini-Diaz, per effettuare delle perquisizioni, ricorda la Corte. I ricorrenti sostengono che i poliziotti, la maggior parte a viso coperto, li presero a pugni, calci e a manganellate, urlandogli contro e minacciandoli, gettando anche della mobilia contro alcuni dei ricorrenti. Quelli che provarono a scappare o a nascondersi furono presi e percossi, in qualche caso strappati per i capelli dai nascondigli in cui si erano rifugiati.
Dopo l'operazione, 93 persone vennero arrestate, 78 delle quali finirono all'ospedale, e vennero sottoposte a procedimenti giudiziari con l'accusa di aver cospirato per mettere in atto distruzioni e danneggiamenti, resistenza aggravata alle forze dell'ordine e porto abusivo d'armi. Procedimenti che si sono conclusi con l'assoluzione, ricorda la Corte.
Durante la stessa notte, continua la Corte, un'unità di agenti entrò nella scuola Pascoli, di fronte alla Diaz, in cui giornalisti stavano filmando quanto accadeva e dove una stazione radio stava trasmettendo in diretta. Quando i poliziotti sono entrati, hanno costretto i giornalisti a smettere di riprendere e di trasmettere, sequestrando i filmati prodotti nei tre giorni del vertice. La Corte di Cassazione italiana ha stabilito, riguardo a quanto avvenuto alla Diaz, che la violenza avvenuta poteva qualificarsi come tortura, ma che, in assenza di questo reato nell'ordinamento italiano, i presunti colpevoli erano stati accusati di lesioni personali, semplici o aggravate.
I ricorrenti lamentano la mancata identificazione della maggior parte degli agenti responsabili delle violenze e della mancanza, nell'ordinamento penale italiano, del reato di tortura e di trattamenti inumani e degradanti. La Corte sottolinea che gli agenti sono entrati in assetto antisommossa, con caschi, scudi e manganelli; sono penetrati all'interno della scuola utilizzando un blindato, sfondando la porta. Una volta all'interno, hanno fatto un uso della forza "indiscriminato, sistematico e sproporzionato", pur non dovendo affrontare "una situazione di urgenza o una minaccia imminente, tale da impedire loro un intervento appropriato, adatto al contesto e proporzionato alle potenziali minacce".
In più, malgrado la presenza a Genova "di esperti dirigenti di Polizia, nessuna linea guida specifica era stata emessa riguardo all'uso della forza, né gli agenti avevano ricevuto alcuna istruzione riguardante questo aspetto cruciale".