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Bel Renè

15 febbraio '77, 40 anni fa l'arresto di Vallanzasca

Renato Vallanzasca (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Renato Vallanzasca (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
15 febbraio 2017 | 11.19
LETTURA: 5 minuti

di Federica Mochi

E' il 15 febbraio 1977 quando Renato Vallanzasca viene rintracciato e catturato a Roma dai carabinieri. Non ha ancora compiuto 27 anni, eppure il bel Renè, come viene ribattezzato allora dalla stampa, ha già lasciato dietro di sé una lunga scia di furti, rapine, omicidi e sequestri di persona, crimini per i quali verrà condannato a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione. Finisce così la fuga del boss della Comasina, scappato dall'ospedale in cui era stato ricoverato dal carcere di San Vittore dopo essersi procurato un'epatite iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano.

Durante la latitanza, Vallanzasca riesce a ricostituire la sua banda, mettendo a segno una settantina di rapine a mano armata uccidendo, tra l'altro, quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Dalle rapine passa presto ai sequestri persona. Uno su tutti quello di Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, segregata e poi liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. Quella di Vallanzasca però, è più di un'avventura criminale, il destino da bandito sembra scritta nel suo dna.

Nato in via Porpora, nella zona Lambrate di Milano, già a otto anni inizia la sua carriera criminale, tentando di far uscire da una gabbia la tigre di un circo nelle vicinanze di casa. Il giorno seguente viene prelevato dalla polizia e portato al carcere minorile Beccaria, ma inizia presto a formare la prima banda di delinquenti, dedita a furti e taccheggi. Il nome di Vallanzasca inizia a circolare presto negli ambienti della mala milanese, ma il bel Renè decide di formare una banda tutta sua, la Banda della Comasina, che passerà alla storia come uno dei gruppi criminali più feroci di Milano negli anni Settanta.

Nel 1972, la carriera criminale ormai in ascesa subisce però un arresto, quando in seguito a una rapina in un supermercato, viene arrestato dagli uomini della squadra mobile di Milano e incarcerato a San Vittore, dove trascorre quattro anni e mezzo di prigionia. Risse, pestaggi, rivolte, tentativi di evasione gli costano il trasferimento dall'istituto di pena in cui si trova, cambiando così 36 penitenziari. Fino a quando escogita il modo per contrarre volontariamente l'epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, per essere ricoverato in ospedale.

Lì, con l'aiuto di un poliziotto, riesce nel suo intento ed evade. Dopo la fuga la lista dei crimini commessi si allunga: dal rapimento di Emanuela Trapani all'uccisione di due uomini della polizia stradale che a posto di blocco in un casello autostradale a Dalmine, fermano per un controllo la macchina su cui viaggia Vallanzasca. Ferito e braccato, cerca rifugio a Roma, ma il 15 febbraio 1977 viene rintracciato e catturato dai carabinieri.

Rientrato in carcere, il 14 luglio del 1979 si sposa con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli scrivono e che si è innamorata leggendo delle sue azioni criminali sui giornali. A destare scalpore non è tanto il matrimonio, quanto la scelta del testimone di nozze, l'ex nemico Francis Turatello. L'anno seguente, Vallanzasca tenta di nuovo la fuga da San Vittore durante l'ora d'aria. Tre pistole vengono introdotte e un gruppo di carcerati, tra i quali Vallanzasca, si fa strada tenendo in ostaggio una guardia. Per le vie di Milano, fino al tunnel della metro, viene scatenata una sparatoria. Vallanzasca viene ferito e catturato nuovamente.

Dopo l'evasione viene spedito nel carcere di Novara. E' il 1981, e Vallanzasca alimenta un'altra rivolta in cella: alcuni collaboratori di giustizia vengono uccisi e tra loro figura un membro della sua banda, Massimo Loi. Stando a quanto raccontano le cronache del tempo, Vallanzasca lo colpisce ripetutamente con il coltello, decapitandolo e giocando con la sua testa. Della morte di Loi, il bel Renè nega per anni la responsabilità diretta e lo sfregio del corpo. Nonostante il carcere duro, il 18 luglio 1987, riesce nella fuga più rocambolesca di sempre, attraverso un oblò del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo al carcere dell'Asinara, in Sardegna. L'8 agosto viene fermato a un posto di blocco a Grado, mentre cerca di raggiungere Trieste. Torna in galera, nel 1995 tenta ancora la fuga e dal 1999 è rinchiuso a Voghera.

Nel 2005 formalizza la richiesta di grazia, inviando una lettera al ministro di Grazia e Giustizia e al magistrato di sorveglianza di Pavia. Anche la madre scrive al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e al ministro di Giustizia Mastella, chiedendo la grazia per il figlio, che non gli viene però concessa. Vallanzasca continua così a scontare la sua pena a Milano. Nel 2010 usufruisce del beneficio del lavoro esterno, presta servizio in una pelletteria e ha lavora in un negozio di abbigliamento a Sarnico in provincia di Bergamo. Il 30 maggio del 2011 il Tribunale di Milano sospende però il beneficio del lavoro esterno perché l’ex bandito viola le regole per incontrarsi segretamente con una donna. Beneficio che gli viene concesso nuovamente nel 2012 per lavorare presso una ricevitoria.

Nel 2014 il 'triste' epilogo della carriera del 're della Comasina': Vallanzasca viene fermato dagli addetti alla sicurezza di un supermercato Esselunga, in viale Umbria a Milano, ad alcune centinaia di metri dalla vicina stazione dei Carabinieri. Dopo aver fatto normalmente la spesa, Vallanzasca nasconde in uno zainetto un paio di boxer, una cesoia e un fertilizzante da giardino, per un valore complessivo di 70 euro. Dalla sua vita criminale, nel 2010 è stato tratto 'Vallanzasca - Gli angeli del male', film diretto da Michele Placido, e scritto dal regista assieme all'attore protagonista Kim Rossi Stuart. La pellicola si ispira al libro autobiografico di Vallanzasca, 'Il fiore del male'.

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