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Cassazione: più riserbo dalle toghe, troppe fughe di notizie

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26 gennaio 2017 | 10.55
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"Dovevamo misurarci con tre emergenze: il sovraffollamento carcerario, le carenze di personale, la mole dell’arretrato e i tempi della giustizia. Le abbiamo affrontate". Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione. "L’azione di riforma proseguirà ma si è già sensibilmente ridotto il peso di quelle patologie, cronicizzatesi nel corso di troppi anni" sottolinea il Guardasigilli che considera "indifferibile" la riforma penale.

Il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, interviene sulle 'distorsioni del processo mediatico'. "L'opinione pubblica - annota Canzio nella relazione - esprime spesso sentimenti di avversione per talune decisioni di proscioglimento o anche di condanna, se ritenute miti, pronunciate dai giudici in casi che hanno formato oggetto di rilievo mediatico. Si scorge una frattura fra gli esiti dell'attività giudiziaria e le aspettative di giustizia, a prescindere da ogni valutazione circa la complessità dei fatti, la validità delle prove, i principi di diritto applicati, le garanzie del processo, la tenuta logica della decisione".

"Il disorientamento - denuncia Canzio - nasce dalla discrasia spazio-temporale fra l'ipotesi di accusa, formulata nelle indagini, il pre-giudizio costruito nel processo mediatico parallelo che si instaura immediatamente, le ansie securitarie dei cittadini, da un lato, e le conclusioni dell'attività giudiziaria che seguono a distanza di tempo dalle indagini, già di per sé troppo lunghe". Da qui l'invito a un "intervento riformatore diretto a restaurare le linee fisiologiche del giusto processo".

Canzio, ribadendo la necessità della "ragionevole durata del processo" e del "rispetto delle garanzie", lancia un monito anche ai pm: "Mi sembra che, per un verso, debbano essere riconosciute le linee dell'attrazione ordinamentale della figura del pm nel sistema e nella cultura della giurisdizione (da cui, di fatti, è visibile, in alcuni casi, il progressivo distacco, per una sorta di spiccata autorefenzialità, anche nei rapporti con la narrazione mediatica); e che, per altro verso, meriti di essere presa in seria considerazione la proposta di aprire talune, significative finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini, piuttosto che prevedere interventi di tipo gerarchico o disciplinare".

Tra i temi affrontati dal primo presidente della Cassazione c'è anche la piaga della corruzione. "E' fortemente avvertita nel Paese la percezione di una diffusa corruzione sia nella Pa che tra i privati - afferma - Essa non trova riscontro, tuttavia, nelle rilevazioni delle statistiche giudiziarie. Il dato statistico nazionale degli uffici di merito e di legittimità registra, infatti, un numero esiguo di giudizi penali per siffatti gravi delitti". Dati alla mano, Canzio osserva che si tratta di "appena 273 procedimenti definiti nel 2016 in Cassazione, pari allo 0,5%". Da qui l'appello di Canzio: "Occorre avviare un'approfondita riflessione sull'efficacia delle attuali misure, preventive e repressive, di contrasto del fenomeno, perché ne sia consentita l'emersione nelle sue reali dimensioni anche nelle aule di giustizia".

Il Procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, lancia l'allarme sulla fuga di notizie e invita le toghe a una maggiore discrezione. "Dinanzi al fenomeno della fuga di notizie - spiega il procuratore generale nella sua relazione in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario a piazza Cavour - fenomeno grave perché rischia di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza, più volte viene invocato l'intervento del mio ufficio, che risulta quasi sempre sterile per la obiettiva difficoltà di individuare le singole responsabilità".

Ciccolo invita dunque le toghe al "riserbo, sul quale già l'anno scorso mi sono soffermato ricordando che la stessa Corte di Strasburgo ha ribadito che ai magistrati è imposta la massima discrezione anche là dove si sia trattato di sostenere pubblicamente le ragioni e la bontà dell'attività giudiziaria svolta".

Nel corso del suo intervento il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, auspica "fortemente che si possano superare le difficoltà del rapporto tra Anm e il governo proseguendo un percorso, che non possiamo smarrire, di innovazione nell'amministrazione della giustizia con il pieno coinvolgimento di tutti gli attori della giurisdizione".

Legnini parla anche dei tempi lunghi della giustizia. "L'inefficienza e i tempi lunghi del rendere giustizia possono, purtroppo, produrre conseguenze inaccettabili - sottolinea - In mancanza di processi tempestivi, l'ipotesi dell'accusa penale, spesso, rimane troppo a lungo l'unica verità sul campo. E ciò produce un danno al cittadino indagato, alle stesse vittime e alla fiducia collettiva in una giustizia eguale per tutti". "La grande scommessa - rimarca - è dunque quella dei tempi del processo poiché una giustizia che arriva troppo tardi è ingiusta per definizione. Nel rapporto tra tempo e processo, dunque, si situa una grande battaglia di civiltà la cui posta in palio sono i diritti fondamentali e la credibilità del giudice".

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