L’Italia deve capire che "edifici costruiti con sassi e mattoni non possono resistere in alcun modo alle enormi forze generate da un terremoto": costruzioni del genere si possono proteggere "solo adottando una struttura che isola l'edificio al livello delle fondazioni", ma che è una soluzione molto costosa, improponibile per semplici abitazioni. Così Taro Yokoyama, professore associato alla Shibaura Institute of Technology e responsabile della LowFat Structures, società attiva nel campo della progettazione e della ristrutturazione di edifici anti-sismici, sintetizza, in un colloquio con l'Adnkronos, il dilemma legato alla protezione del patrimonio architettonico, ma soprattutto delle vite umane nelle aree più sismiche del nostro Paese.
Con la sua sequenza quasi ininterrotta di gravi terremoti (ma che negli ultimi anni ha registrato un numero bassissimo di vittime) il Giappone ha maturato una enorme esperienza nelle realizzazione e nell'adeguamento antisismico dei case, palazzi e grattacieli. “Dopo il devastante terremoto che nel 1978 ha colpito la prefettura di Miyagi – ricorda l’ingegner Yokoyama - in Giappone le tecnologie costruttive hanno subìto profondi cambiamenti”.
"Oltre ai progressi nell'analisi strutturale, grazie ai miglioramenti delle tecnologie informatiche oggi possiamo analizzare in dettaglio ogni edificio. La progettazione– aggiunge - ha tratto beneficio dai dati rilevati dai sismografi: al largo delle coste giapponesi ci sono numerosi rilevatori sul letto del mare che ci permettono di rilevare ogni movimento sismico".
Yokoyama sottolinea come la filosofia che guida la progettazione di nuovi edifici sia 'flessibile', ovvero quella di adottare le soluzioni costruttive e di scegliere i materiali in base al tipo di edificio da realizzare: “In Giappone – spiega - abbiamo l'E-Defense, un laboratorio per simulare sui vari livelli di intensità la resistenza di edifici, costruiti in scala reale nei vari materiali, dal legno al cemento armato, e dimensionare la progettazione in base ai risultati ottenuti. Non c'è un materiale più sicuro di altri: l'importante è che la struttura e l’altezza dell'edificio si adattino ai materiali prescelti”.
Non è un caso, d’altronde, spiega l’esperto, che "gli edifici antichi giapponesi che sono sopravvissuti ai giorni nostri sono costruiti in legno, un materiale 'morbido' in grado di resistere alle scosse di un terremoto".
Tuttavia, ammette Yokoyama, "le metodologie giapponesi possono essere adottate solo per le nuove costruzioni. Per quelle più antiche, di valore storico e culturale, non abbiamo uno standard: nei casi più rilevanti ricorriamo alla struttura di isolamento per ridurre l'impatto dei terremoti. Ad esempio, il National Museum of Western Art in Tokyo (disegnato da Le Corbusier), una struttura che di recente è stata riconosciuta come un Heritage Site dall'Unesco, è stato ammodernato utilizzando questo sistema".
L’ingegnere sottolinea l’importanza di un continuo dialogo fra autorità e tecnici per mettere a frutto le nuove tecnologie: in Giappone, spiega, "i principi guida sono contenuti nei New Earthquake-Resistant Construction Standards, la cui idea portante è quella di proteggere le vite umane evitando il crollo degli edifici. In ogni caso quando ci sono modifiche nelle normative vengono immediatamente comunicate e i progettisti devono prevederle nei loro progetti".
Non sempre la pur avanzata tecnologia nipponica riesce a impedire devastazioni: “Nello scorso aprile – ricorda - nella prefettura di Kumamoto si sono verificati una serie di terremoti che hanno raggiunto ripetutamente il livello 7 della scala di misurazione giapponese. In questo caso edifici che sono rimasti in piedi dopo la prima scossa hanno finito con il crollare in occasione delle successive. Ma questo è un tipo di terremoti che è difficile da prevedere".
Per gli interventi sul patrimonio abitativo italiano, l’esperto giapponese ha una indicazione preziosa: “L'importante è rafforzare le divisioni verticali in maniera adeguata in caso di ristrutturazione. In particolare per le abitazioni più basse la resistenza ai terremoti è determinata dal comportamento dei muri”.