Uno degli incubi per un malato di Parkinson è entrare improvvisamente in una fase di 'blocco', di difficoltà di movimento, mentre si trova fuori casa. Il corpo si irrigidisce, i piedi restano incollati per terra: un rischio che condiziona la vita di chi soffre della malattia neurodegenerativa.
"Oggi per la prima volta abbiamo visto che un farmaco dopaminergico, l'apomorfina, può essere somministrato attraverso compresse da assorbire per via sottolinguale. Una nuova formulazione più maneggevole delle classiche iniezioni", che permette un 'pronto intervento' in situazioni difficili come i blocchi motori improvvisi a cui vanno incontro i pazienti, spiega oggi a Milano Angelo Antonini, responsabile della Struttura semplice malattia di Parkinson dell'Irccs ospedale San Camillo di Venezia, presentando le ultime novità emerse dal XXI Congresso mondiale sulla malattia di Parkinson e disturbi correlati che si chiude oggi nel capoluogo lombardo.
"Questa modalità di somministrazione - chiarisce all'AdnKronos Salute Antonini, presidente del congresso che si è svolto dal 6 al 9 dicembre - consente al paziente di sbloccarsi, cioè di recuperare una buona mobilità nell'arco di 5 o al massimo 10 minuti e di mantenerla per circa un'ora. Nel frattempo la terapia farmacologica tradizionale può riprendere a funzionare adeguatamente".
La nuova 'versione' "in Italia non è ancora disponibile, ma arriverà in tempi brevi visto che è un altro tipo di formulazione dello stesso farmaco oggi disponibile nella formulazione iniettabile sottocute. Crediamo che nel giro di un anno, o un anno e mezzo al massimo, l'avremo nelle farmacie del Paese. Gli studi sono stati appena completati e sono stati presentati in questo congresso" dall'azienda che sviluppa il farmaco, la canadese Cynapsus.
"I dati sono incoraggianti - continua il neurologo - e confermano che in più del 90% dei pazienti si ottiene immediatamente questa capacità di donare una nuova mobilità. Il trattamento consentirà ai pazienti con Parkinson di tornare a svolgere una vita più normale e di essere più sicuri di se stessi quando escono di casa. I loro familiari saranno più tranquilli all'idea che non dovranno chiamare un'ambulanza o un aiuto per tirare fuori i loro cari da un ristorante o da un caffè".
La somministrazione, continua Antonini, "può essere ripetuta anche più volte al giorno. E' una terapia che chiamiamo di recupero, salvavita in qualche modo". Nelle fasi di difficoltà motoria il paziente "fa fatica ad alzarsi e a raggiungere qualsiasi posto. Può capitare all'improvviso, mentre si trova in metro o in autobus, in giro per la città. L'ansia associata peggiora la situazione. Fino ad oggi l'apomorfina poteva essere solo iniettata per via sottocutanea e quindi le persone evitavano di utilizzarla fuori casa".
L'iniezione comporta problemi pratici, inclusa la necessità di un infermiere specializzato o di un medico per definire la dose efficace. Inoltre un malato in stato 'off' ha una mobilità fortemente limitata, per cui l'autosomministrazione risulta impossibile.