Da cacciatori di molecole a cacciatori di cervelli. Nelle università. L'industria esce dai suoi laboratori e batte nuove strade per alimentare la ricerca. Come? Andando a scovare gli 'Archimede dei farmaci' attivi nel mondo accademico. E' la missione del programma Dpac (Discovery Partnership with Academia), lanciato dalla britannica Gsk. "Negli anni il nostro ruolo è cambiato", spiega il direttore medico e scientifico della casa farmaceutica in Italia, Giuseppe Recchia. "Da ricercatori di composti siamo diventati ricercatori di ricercatori. Mettiamo cioè a disposizione il nostro know how e la nostra capacità di mettere a punto terapie innovative a chi - singoli, laboratori, università - ha progetti interessanti".
Oggi sono oltre 10 mila le malattie note, 7 mila delle quali classificate come rare. Solo per 500 abbiamo a disposizione trattamenti adeguati. Per le rimanenti 9.500 le speranze dei pazienti sono riposte nella capacità degli scienziati di comprendere i meccanismi con cui queste malattie si sviluppano e nella conseguente messa a punto di farmaci.
"Nonostante il progresso scientifico degli ultimi 20 anni - continua Recchia - tradurre le scoperte della biologia in nuove terapie per i pazienti non è né semplice né immediato. Per questo la ricerca sta percorrendo nuove strade in grado di dare risposte a questi bisogni. Una delle più promettenti è sicuramente la ricerca collaborativa tra istituzioni e privati, in primis quella con l'università".
Nei laboratori dei maggiori atenei in Europa, ma anche in Italia, si stanno sviluppando molecole in diverse aree della medicina. La loro trasformazione in farmaci, l'investimento fatto in scienza, dipende dall'investimento economico e tecnologico. Qui entra in gioco l'industria. Nei giorni scorsi esperti di Gsk Italia hanno incontrato i ricercatori delle università La Sapienza e Tor Vergata di Roma. Prime tappe di un tour che entro la fine di novembre coinvolgerà anche gli atenei di Padova, Verona e Brescia.
Nelle 2 date romane sono stati in tutto 15 i meeting con 27 ricercatori su nuovi bersagli biologici e nuove molecole di potenziale interesse. Sotto la lente demenza, autismo, atassia di Friedreich, infezioni batteriche, fibrosi cistica e alcune neoplasie.
Gli atenei, osserva Giuseppe Novelli, rettore dell'università Tor Vergata, "possiedono 3 cose importanti per rilanciare l'economia e l'innovazione: le idee, i talenti e i giovani. Queste componenti costituiscono il capitale umano che tutti ci invidiano perché sono alla base del motore principale del business moderno: la conoscenza. Credo che queste iniziative vanno nella direzione giusta per creare innovazione, nuovi prodotti e posti di lavoro".
La ricerca, conclude Recchia, "segue la scienza, e l'Italia ha una scienza di prim'ordine che deve essere tuttavia identificata e valorizzata. Attraverso questa attività di 'scoperta degli scopritori' che operano in ambito accademico, il nostro Paese ha nuove opportunità per ritornare protagonista nella caccia a nuovi farmaci per il trattamento di malattie ancora oggi senza adeguata terapia. Oggi siamo tra i protagonisti mondiali nella ricerca sulle terapie avanzate, come quella cellulare e quella genica, grazie alla collaborazione tra accademia ed impresa. Si tratta dell'inizio di un nuovo percorso".
L'esperienza maturata nei 2 giorni di incontro con i ricercatori delle università La Sapienza e Tor Vergata di Roma sarà condivisa con la comunità scientifica italiana in occasione del 37esimo Congresso nazionale della Società italiana di farmacologia in programma a Napoli da martedì 27 ottobre a venerdì 30.