E' proprio il caso di dire che la fantasia degli scienziati non ha limiti. Tanto che un fisico italiano dell'Infn di stanza a LHC al Cern di Ginevra, il napoletano Pierluigi Paolucci, si è inventato 'la pizza del bosone di Higgs', coinvolgendo il pizzaiolo storico napoletano 'Ettore' a S.Lucia. La pizza del bosone di Higgs, studiata nei minimi dettagli scientifici sulla base dei colori generati dalla collisione che svela la particella da Nobel, è un "melting pot" di peperoni fritti gialli e rossi, zucchine, sedano e immancabili pomodorini e mozzarella.
La pizza sarà presentata in anteprima martedì prossimo, 15 settembre, a Napoli, a Castel dell'Ovo, all'inaugurazione della mostra "Arte & Scienza, 30 opere di artisti internazionali illustrano la scoperta del bosone di Higgs", a cura del Cern e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. "La pizza del Bosone di Higgs è nata durante una chiacchierata fra me ed il presidente dell'Infn, Fernando Ferroni, un appassionato di enogastronomia come me. Guardavamo le foto del bosone di Higgs e ci siamo detti: sembra proprio una pizza" racconta all'Adnkronos Pierluigi Paolucci, ricercatore Infn che ha curato l'allestimento napoletano in cui la fisica incontra l'arte.
"L'idea -continua il fisico napoletano- ci è sembrata divertente, un modo inedito per comunicare al pubblico che cos'è il bosone di Higgs e quanta scienza c'è dietro questa scoperta". Così, racconta ancora Paolucci, "abbiamo coinvolto la storica pizzeria napoletana 'Ettore' a S. Lucia. Domani sera la mangeremo in una cena fra scienziati e artisti della mostra, poi verrà proposta al pubblico il giorno dell'inaugurazione ai visitatori dell'espsizione". Paolucci che ha già assaggiato la pizza del Bosone Higgs assicura: "E' davvero buona, un bel connubio tra la scienza e la regina dei piatti napoletani: la pizza". E lo scienziato napoletano rivela nel dettaglio i segreti 'scientifici' alla base della ricetta fotografata per l'Infn da Alessandro Catocci con grafica di Francesca Cuicchio.
"I peperoni gialli -spiega Paolucci- rappresentano le particelle, che sono appunto di colore giallo, prodotte subito dopo la collisione di protoni che avviene nell'esperimento Cms del grande acceleratore di particelle Lhc, al Cern di Ginevra. Proprio tra queste particelle, una volta su un miliardo si genera il Bosone di Higgs che è visibile solo poco più di un attimo, ovvero decade dopo qualche nanosecondo in altre quattro particelle rappresentate nella pizza dai quattro gambi di sedano e dai peperoni rossi che rappresentano questi 'figli' del bosone di Higgs".
"Le zucchine, invece, -continua il fisico- rappresentano le particelle elementari cariche prodotte sempre da una collisione fra due protoni in Cms ma fotografate in un altro rilevatore dell'esperimento. Mentre la mozzarella ed un pomodorino centrale sono l'omaggio agli ingredienti storici della pizza napoletana". Anche la mostra in cui verrà lanciata la pizza del bosone di Higgs è frutto della fantasia galoppante di uno scienziato, il fisico viennese Michael Hock del Cern, appassionato di arte.
Sculture, dipinti, collage fotografici, manufatti tessili, installazioni digitali e video ispirati alle sfide alla frontiera della conoscenza del grande acceleratore del Cern, Lhc, raccontano nella mostra "la passione dei migliaia di fisici che lavorano al cern e alla recente scoperta del bosone di Higgs" sottolinea Paolucci che curatore dell'edizione napoletana dell'esposizione che solo al museo di Arte Moderna di Miami ha contato 30mila visitatori.
Trenta lavori originali di artisti di tutto il mondo che saranno esposti fino 21 settembre nella Sala delle Carceri di Castel dell’Ovo illustrano la scoperta del bosone di Higgs. Le opere sono state realizzate nell’ambito del programma art@Cms dell’esperimento Cms, uno dei quattro grandi rivelatori, che come gigantesche macchine fotografiche catturano le collisioni tra i fasci protoni nell’anello di Lhc. Art@Cms ha coinvolto a partire dal 2012 artisti, ricercatori, studenti ed educatori in progetti creativi mirati alla partecipazione del pubblico. "Quasi tutte le opere esposte -evidenzia Paolucci- sono il frutto di una collaborazione tra un'artista e uno scienziato, che si sono avventurati ognuno nel mondo dell’altro. E la scoperta è che la ricerca artistica e quella scientifica posso incontrarsi, se partono dalle domande fondamentali che le animano".