La Corte di giustizia dell'Unione europea ha bocciato la normativa italiana che impone ai cittadini di Paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno di pagare un contributo di importo variabile tra 80 e 200 euro contro i 10 euro circa pagati per il rilascio della carta d’identità. Il caso nasce da un ricorso della Cgil e dell'Inca, l'Istituto Nazionale Confederale Assistenza, al Tar del Lazio contro le normative applicate in Italia.
In Italia, sottolinea la Corte di giustizia Ue, il permesso di soggiorno per i cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo è sottoposto al versamento di un contributo, fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro, oltre al versamento di un importo di 73,50 euro. Il costo per il rilascio della carta d'identità in Italia ammonta attualmente a circa 10 euro, tanto che l'onere economico imposto al cittadino di uno Stato terzo per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno è circa otto volte più elevato.
Nella sentenza di oggi la Corte di giustizia Ue ricorda che l'obiettivo principale della direttiva è l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri e che gli Stati possono subordinare il rilascio dei documenti al pagamento di contributi, su cui dispongono di un margine discrezionale. Tuttavia, tale potere discrezionale "non è illimitato, non può compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva e deve rispettare il principio di proporzionalità". I contributi, quindi, non devono creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo. Per la Corte Ue l'incidenza economica del contributo italiano "può essere considerevole, a maggior ragione per il fatto che, in considerazione della durata dei permessi e il loro rinnovo deve essere pagato assai di frequente".
La Corte sottolinea, inoltre, che la metà del gettito prodotto dalla riscossione del contributo è destinata a finanziare le spese connesse al rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi in posizione irregolare e respinge l'argomento del governo italiano, secondo cui il contributo è connesso all'attività istruttoria necessaria alla verifica del possesso dei requisiti previsti per l'acquisizione del titolo di soggiorno.