Il Nunzio apostolico vaticano in Gran Bretagna ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte del leader Dc: "Se fossi stato nel covo avrei cercato di liberarlo o avrei chiesto di prendere me e rilasciare lui". Fioroni: prendiamo atto smentita, ma dobbiamo rintracciare canale ritorno. Don Mennini, il nunzio apostolico che lasciò l'Italia dopo il caso Moro
"Non ho avuto questa possibilità, non ho potuto confessare Moro e dargli la comunione durante i 55 giorni". Lo ha detto il Nunzio apostolico vaticano in Gran Bretagna, Mons. Antonello Mennini, ascoltato questa mattina dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Mennini oggi arcivescovo, nel 1978 era sacerdote nella chiesa di Santa Lucia, e fece da tramite per trasmettere alcune lettere scritte dal leader Dc, durante il sequestro. "Anzi - ha continuato Mennini - se fossi stato nel covo avrei cercato di fare qualcosa di concreto per liberare Moro, avrei cercato di parlare con i brigatisti, chiesto di prender me e rilasciare lui. Oppure avrei cercato di ricordare il percorso fino alla prigione, per dare informazioni per le indagini".
Mennini, di fronte ai membri della Commissione d'inchiesta, più volte ha ribadito di non essere stato portato nel covo delle Br, per dare conforto religioso a Moro. Una "leggenda metropolitana che persiste, purtroppo non ho mai incontrato Moro per consolarlo", ha detto il Nunzio. Concetto ribadito almeno tre volte nell'audizione. Il monsignore ha ricordato che, al di là di ciò che è accaduto ella vicenda, le circostante e anche i luoghi della confessione sono comunque coperti dal segreto, un vincolo che neppure il Papa può sciogliere: "Sono segreti le circostanze della confessione e anche i luoghi e questa è una legge divina e non positiva su cui qualcuno può intervenire".
"Parlandone con la moglie di Moro - ricorda poi Mennini - ipotizzammo poi che, forse, il prete di cui si parlava era un sacerdote amico di questi mascalzoni. Ma di cosa si doveva confessare poi Moro, visto che era sotto martirio?", si domanda ancora Mennini.
"Non so - ha aggiunto - perché Cossiga e Guerzoni dissero che io invece avevo visto Moro e lo avevo confessato. Cossiga poi sbaglia sul fatto che il mio telefono non fosse sotto controllo, lo fu dal 21 aprile, ben oltre il 9 maggio". Sul ministro dell'Interno al tempo del sequestro poi aggiunge: "Da presidente della Repubblica lo vidi più volte, faceva battute chiamandomi Don Antonello, per esempio a colazione dal cardinal Sodano e c'ero anche io, in quelle circostanze, con altre persone, non ha mai sollevato queste cose". "Perché non ne ha mai parlato con Sodano o con il Papa della questione del mio ingresso nel covo Br?".
Ricordando il suo ruolo durante la vicenda Moro, Mennini, allora giovane parroco di Santa Lucia, nel quartiere Trionfale, spiega di aver fatto da postino ("Cosa di cui ho già parlato per ben sette volte, tra deposizioni in Commissioni parlamentari e procedimenti giudiziari"). In particolare per tre volte ha consegnato le lettere di Moro: "Il 20 aprile del '78 ricevetti istruzioni per prender un plico per la signora Moro, fu il primo contatto e coinvolgimento con il sequestro Moro. Non fu facile, perché dovetti staccare un pannello pubblicitario, e trovai una busta arancione. Una volta aperta la busta, vidi la scrittura di Moro. Andai dalla signora Eleonora Moro e consegnai tre lettere: una per lei, in cui Moro mi indicava come persona per lo scambio di lettere. Poi una per Zaccagnini, e una per il Papa. Questa la diedi a Poletti".
"Successivamente fui contattato il 24 aprile, per recarmi in via Volturno, dove però non trovai nulla - racconta Mennini -, forse perché a controllare sotto ad un baracchino della lotteria, dove ci sarebbe stata una busta rossa, arrivò prima la polizia". Infine l'ultimo contatto con il professor Nicolai, (Valerio Morucci. ndr) "avvenne il 5 maggio, per 'ritirare' un pacco vicino alla parrocchia di Santa Lucia".
"In questo caso, il terzo in cui feci da postino, recapitai alla famiglia la lettera di addio di Moro", dice ancora Mennini. "Durante la telefonata Nicolai mi chiese di dire alla signora Moro, che il canale di ritorno che era stato indicato dalla famiglia non c'era più, non era reperibile e che quindi erano tornati a mettersi in contatto con me".
Commenti - "Da Monsignor Mennini una cosa del tutto nuova sulla vicenda Moro: c'era un 'canale di ritorno' che si interrompe intorno al 5 maggio". Per Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione parlamentare sulla vicenda dell'assassinio del presidente Dc è questa la novità che emerge dopo la lunga deposizione del Nunzio apostolico Mennini. Don Antonello ha detto che nell'ultima telefonata che gli fecero i brigatisti, il 5 maggio del 1978, quando al telefono lo chiamò il professor Nicolai (Valerio Morucci) si sentì dire 'che si faceva riferimento a lui per la consegna della lettera di addio di Moro, perché la persona che dovevano contattare non c'era più, la persona individuata non era più reperibile'". Secondo Fioroni, un elemento nuovo che ci dice come da quel momento si arriva al 9 maggio, "senza un canale utile per la trattativa" sulla liberazione di Moro.
"Non era quello che mi aspettavo, non mi convince che lui non ci sia stato nel carcere brigatista". Così Gero Grassi, deputato Pd e vicepresidente della Commissione di indagine sul sequestro e l'omicidio di Aldo Moro. "Che dica la verità bisogna darlo per scontato, perché non abbiamo elementi per smentirlo", dice, riferendosi alla circostanza, negata dal prelato, di aver visto Moro durante i 55 giorni, "il percorso di questi anni ci spingeva a pensare che ci fosse stato un canale di ritorno e che qualcuno fosse stato da Moro. E ritenevamo fosse lui. Ora lui smentisce, dicendo che potrebbe essere stato un altro sacerdote, amico dei brigatisti. Ne prendiamo atto. Oggi viene fuori che è stata altra persona, la cercheremo".
"Moro fu ucciso dalle Brigate Rosse che agivano spinte dalla loro ideologia comunista. Il resto è un polverone". Il senatore di Fi Maurizio Gasparri, membro della Commissione ritiene chiusa la vicenda sul presunto confessore di Moro: "Il punto cruciale di questa audizione riguardava la presunta visita di don Mennini nel covo delle Br per raccogliere l'ultima confessione di Moro. Questo fatto è stato chiaramente, decisamente e più volte escluso dal monsignore. Viene meno quindi una circostanza che qualcuno forse avrebbe utilizzato per costruire altri castelli in aria".