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La parabola del ‘Bel René’, da re della Comasina a ladro da supermercato

La parabola del ‘Bel René’, da re della Comasina a ladro da supermercato
14 giugno 2014 | 14.29
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A sessantaquattro anni, in gran parte passati in carcere, con una carriera criminale di spessore alle spalle, il grande bandito si è fatto beccare a rubare in un supermercato, come un ragazzino. Renato Vallanzasca, l’ex boss della Comasina, uno degli ultimi capi della Ligéra, la vecchia mala milanese poi soppiantata dalla grande criminalità mafiosa, è stato arrestato ieri sera intorno alle 20.30 dai carabinieri di Milano, dopo che, secondo quanto hanno riferito i militari, è stato sorpreso da un addetto all’antitaccheggio del supermercato Esselunga di viale Umbria, a Milano, a rubare un paio di boxer, del fertilizzante e delle cesoie, per un valore commerciale di circa 70 euro.

Vallanzasca era in permesso premio: condannato a quattro ergastoli e 260 anni di carcere, era detenuto in regime di semilibertà. Alla fine del 2012 aveva trovato occupazione in una ricevitoria del centro di Milano, la più antica del capoluogo lombardo, nei pressi di piazza Cordusio. In precedenza aveva lavorato in una pelletteria, in una ditta informatica e in una boutique di Sarnico, sul lago d’Iseo. Ora è stato processato per direttissima per il reato di rapina impropria. Nel primo comunicato dei carabinieri si parlava di furto aggravato, ma il capo di imputazione è stato cambiato in rapina impropria dal giudice, che avrebbe ravvisato in una frase pronunciata da Vallanzasca all’indirizzo dei militari (”Adesso vedrete che casino che ne viene fuori”) una minaccia tale da configurare tale fattispecie (”Chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità”, secondo la definizione del Codice Penale).

L’episodio riferito oggi dai carabinieri lascia incredulo e sbigottito chi conosce bene l’ex bandito. “Demenziale, non è da lui. Mi sembra una cosa impossibile”, reagisce a caldo il giornalista Leonardo Coen, che ha scritto un libro con l’ex re della Comasina (”L’ultima fuga”), lavorandoci gomito a gomito per quattro-cinque mesi, incontrandolo almeno “un’ottantina di volte” nel proprio studio professionale. “Io nel mio studio tengo cose di valore: libri antichi, stampe, personal computer, anche soldi: non è mai mancato un centesimo”, sottolinea.

Che Vallanzasca, uno che “vive anche nel mito del grande bandito, nella gloria nefasta del passato”, si sia lasciato sorprendere a rubare all’Esselunga, come un ladro di polli, appare strano, tanto che, continua Coen, si potrebbe ipotizzare che “qualcuno l’abbia incastrato, per umiliarlo. Cosa che, da quando sono usciti il film (”Gli angeli del male”, regia di Michele Placido, del 2010, ndr) e i libri, stanno facendo sistematicamente. Stanno tentando di tutto. Forse gli hanno voluto rovinare l’estate e poi la notizia verrà smentita o ridimensionata”.

Vallanzasca, comunque, non si era riconosciuto nell’immagine che il film gli ha cucito addosso: “E’ un bel film, poteva essere un capolavoro. Non mi pare dia il senso esatto di quello che sono”, disse dopo averlo visto. Ma quella, piaccia o non piaccia, è l’immagine che il grande pubblico conserva del Bel René, interpretato da Kim Rossi Stuart. Un personaggio che, pur essendo un criminale, fa parte a pieno titolo della cultura popolare milanese contemporanea, tanto che da anni gode di discreto successo, tra i cultori del genere, una band a lui intitolata, i Vallanzaska, specializzati in musica ska. Per l’immaginario collettivo di Milano Renato Vallanzasca è in qualche misura l’equivalente di quello che la Banda della Magliana è per Roma, ma con un’immagine meno fosca, un po’ più scanzonata, forse per l’immagine di donnaiolo che il bandito ha sempre avuto (celebre la presunta liaison avuta con una giovane di ottima famiglia che aveva sequestrato).

In ogni caso, continua Coen, “se davvero ha fatto” quello di cui è accusato oggi, “è veramente una stupidaggine. Forse - ipotizza - è qualcosa di psichico. Uno psicologo mi ha spiegato che il lavoro che gli hanno fatto era mirato proprio a distruggere la sua immagine di sé come grande bandito”. Forse, dunque, un lavoro di anni è riuscito a piegare Vallanzasca. Proprio lui che, come ha raccontato in un altro libro Carlo Bonini (”Il fiore del male”), nei tempi andati faceva i posti di blocco alla Comasina e rimandava i poliziotti disarmati in caserma, come ritorsione per le citofonate notturne di minaccia che sarebbero state fatte ai genitori. La Banda della Comasina, che imperversava negli anni Settanta a Milano scontrandosi con la gang di Francis Turatello, non esiste più da molto tempo. Il braccio destro di Vallanzasca, Antonio Colla, da taluni considerato l’anima nera della gang, lo scorso 15 marzo è morto schiantandosi contro un pilone a Basiano, nell’Est Milanese, in sella ad una moto di grossa cilindrata, insieme alla fidanzata.

Vallanzasca, che ha alle spalle una quarantina d’anni di galera scontati anche per il reato di omicidio, come quello di due agenti della Polstrada avvenuto nel 1977 nei pressi del casello di Dalmine, nella Bergamasca, ha chiesto ripetutamente la grazia, invano. Sia come sia, ora l’ex Bel René, protagonista di imprese criminali che sono rimaste nella memoria collettiva dei milanesi, come l’evasione del 1987 e l’intervista in esclusiva, da latitante, concessa a Umberto Gay di Radio Popolare, dovrà fare i conti con lo sgretolamento di un mito costruito nei decenni. Un mito che, se l’episodio di ieri sera sarà confermato, Vallanzasca potrebbe aver deciso di distruggere con le sue stesse mani.

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