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Libri: Barbano, 'Troppi diritti' perché loro eccesso causa declino italiano

Alessandro Barbano, in una foto del suo profilo twitter
Alessandro Barbano, in una foto del suo profilo twitter
18 aprile 2018 | 18.01
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La corsa ai diritti rappresenta uno delle cause del declino italiano. E' la tesi sostenuta da Alessandro Barbano, direttore de 'Il Mattino' di Napoli, nel saggio pubblicato da Mondadori 'Troppi diritti. L'Italia tradita dalla libertà'. Un libro che il giornalista presenterà venerdì prossimo al Tempio di Adriano di Roma alle 17,30, nel corso di un incontro moderato dalla presidente Rai Monica Maggioni cui parteciperanno il giudice della Corte costituzionale ed ex premier, Giuliano Amato, il giornalista e fondatore de 'Il Foglio' Giuliano Ferrara, il giornalista e storico Paolo Mieli e l'ex premier Romano Prodi.

"Sotto la coltre di una apparente pretesa collettiva, che copre tutto lo spazio del possibile - spiega Barbano conversando con l'AdnKronos - c'è la coscienza nel nostro Paese che la corsa ai diritti sia la vera causa del declino italiano. Non tanto per un eccesso di quantità di diritti ma perché sono stati sganciati dai doveri". Quando si parla di libertà, ricorda Barbano, "tutti citano l'articolo 2 della Costituzione che la riconosce". Ma, al tempo stesso, "molti in Italia hanno dimenticato che, nella seconda parte dell'articolo 2 della nostra Costituzione, la Repubblica richiede l'adempimento dei doveri di solidarietà economica, sociale e politica". Questo significa, per il direttore del quotidiano partenopeo, che in una "società democratica il diritto sta in piedi se ad esso corrisponde un dovere. Altrimenti, il diritto diventa una pretesa irrealistica di pochi contro tutti. Esattamente quello che è accaduto in Italia".

A sostegno della sua tesi, Barbano si sofferma sull'uso della legge 104 che consente di assistere un familiare disabile o malato. Una legge, sostiene, che "riconosce un diritto del lavoratore. Ma quel diritto è assoluto oppure si riconnette a un dovere di solidarietà economica, sociale e politica? Il vero titolare di quel diritto non è il lavoratore ma l'anziano o il parente malfermo. E invece spesso la legge viene considerata una specie di cambiale in bianco da scontare quando conviene. Magari per andare a fare le vacanze nei Caraibi". Insomma, ancora una volta, la possibilità offerta dalla legge "diventa un diritto di pochi in danno di tutti". Quello che Barbano definisce il "dirittismo", investe " l'intera cultura politica e civile del Paese. Che cosa è il debito pubblico se non la pretesa dei padri ai danni dei figli? E' un dirittismo che guarda al presente e non concede alle generazioni future di fare le stesse scelte che hanno fatto i padri offrendo ai giovani un futuro monco".

Passando alla stretta attualità politica di questi giorni, Barbano si chiede: "Che cosa è l'incapacità di transigere cui stiamo assistendo in questi giorni se non l'idea di gruppi organizzati di essere titolari di un diritto prescindendo dalla capacità di mediazione e di sintesi rispetto a un interesse comune? Il dirittismo ha infiltrato tutte le culture politiche del nostro tempo: il riformismo che non è stato in grado di conciliare protezione sociale e cambiamento. Ha infiltrato anche la cultura moderata e conservatrice caratterizzata dall'egoismo individuale". "Il dirittismo, da ultimo -afferma Barbano - ha infiltrato soprattutto le culture antisistema, tanto quelle massimaliste della sinistra quanto quelle populiste, che hanno utilizzato la clava dei diritti per abbattere le élite. In questa furia distruttiva, insieme alle élite si cerca di abbattere la delega del sapere e del potere. Ovvero l'essenza della democrazia promuovendo l'utopia di una società orizzontale".

Una logica che consente, ad esempio, "che ciascuno si faccia la sua terapia vaccinale leggendo su internet prescindendo dalle gerarchie dei saperi" oppure "il suo partito e il suo movimento promuovendosi dentro la democrazia internettiana e illudendosi di poter sviluppare una maggiore partecipazione democratica ricorrendo a un istituto di democrazia diretta permanente. Ma la democrazia della piazza in realtà coincide con la dittatura sulla piazza, una dittatura di pochi a danno di tutti", conclude il direttore de 'Il Mattino'.

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