L'esposizione è in programma al Complesso del Vittoriano da domani al 3 maggio. Per Louis Godart, consigliere del Presidente della Repubblica per la conservazione del patrimonio artistico, è "un omaggio ad un popolo che è un baluardo ai confini dell'Occidente contro tutte le barbarie". La mostra, curata dall'Unione Armeni d'Italia, è realizzata n occasione del centenario del genocidio del 1915
Un lungo percorso, tra reperti archeologici, codici miniati, opere d'arte e illustrazioni, per svelare la civiltà armena dalle sue origini alla modernità. Questo l'obiettivo della mostra 'Armenia. Il popolo dell'Arca', in programma al Complesso del Vittoriano di Roma da domani al 3 maggio, realizzata in occasione del centenario del genocidio degli armeni, dall'Unione Armeni d'Italia.
L'esposizione, ha spiegato Louis Godart, consigliere del Presidente della Repubblica per la conservazione del patrimonio artistico, vuole essere "un omaggio ad un popolo che, nel 301, per la prima volta nella storia, ha fatto della religione cristiana la religione di Stato". Un popolo che è stato "un baluardo ai confini dell'Occidente contro tutte le barbarie e che può essere considerato il popolo dell'Arca".
"I valori fondanti della civiltà europea - ha aggiunto Godart - sono basati sul messaggio trasmesso dalle civiltà classiche, rappresentate da Atene e Roma, sul messaggio cristiano e sul retaggio che ci è stato trasmesso dall'illuminismo. Valori che oggi sono minacciati, basti guardare alle tragiche immagini dei barbari che distruggono i capolavori del museo di Mosul". In questo senso, "la testimonianza del popolo armeno è fondamentale: il suo esempio ci insegna che occorre resistere con la forza del pensiero e con la passione dell'anima".
Il popolo armeno, la cui storia si intreccia al cristianesimo, vanta una delle più floride culture del mondo antico. La sua storia affonda le origini nella tradizione biblica del Diluvio Universale. E' proprio alle pendici del monte biblico dell'Ararat, sulla cui cima si era arenata l'Arca di Noé, che nel VII secolo a.C. si formò il popolo armeno. Ancora oggi il monte Ararat è un richiamo simbolico fondamentale per l'Armenia.
L'esposizione, curata da Vartan Karapetian e ad ingresso gratuito, si articola in sette sezioni: si passa dalla conversione degli armeni al cristianesimo ai rapporti tra l'Italia e l'Armenia. Nella sesta sezione, poi, vengono messi in luce, attraverso materiali multimediali, gli elementi essenziali del genocidio degli armeni avvenuto nel 1915.
"Il nostro obiettivo - ha spiegato l'ambasciatore della Repubblica d'Armenia Sargis Ghazaryan- è quello di raccontare 3mila anni di storia armena. Descriviamo i nostri codici identitari, come ad esempio il nostro alfabeto del V secolo. Raccontiamo, inoltre, lo slancio del pensiero armeno che si colloca al confine tra il mondo occidentale e l'Oriente, raccontiamo - ha aggiunto- i 20 secoli di presenza armena in Italia: descriviamo la solidarietà ricevuta, la nostra integrazione, le contaminazioni e il contributo degli armeni offerto alla società italiana e all'Europa".
La mostra, ha spiegato il curatore Vartan Karapetian, in primo luogo "percorre la storia cristiana dell'Armenia partendo dalla sua conversione al cristianesimo nel 301. Arriviamo al 1915 rappresentando la cultura religiosa e illustrando, in modo interattivo, la lingua e l'alfabeto armeno. La seconda lettura della mostra è legata al titolo: l'esposizione è concepita come l'Arca della cultura armena, perché è permeata da molte opere salvate durante il genocidio".
Alla presentazione ha anche preso parte l'attore di origini armene Paolo Kessisoglu: suo nonno lasciò l'Armenia sfuggendo così al genocidio del 1915. "Le mie origini armene - ha detto- derivano da mio nonno che scappò dall'Armenia. Vagò finendo a Genova dove portò tutta la sua famiglia".
"Mio nonno, come molti scampati, non parlava molto della sua storia. In casa - ha concluso- si sentiva per un'identità forte ma non manifestata attraverso i racconti. C'era, comunque, la sensazione di appartenere ad un popolo con fierezza. Non sono ancora andato in Armenia ma mi piacerebbe andarci".