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Siria: l'archeologa, dolore per situazione Palmira, non restare inerti

Il sito archeologico di Palmira
Il sito archeologico di Palmira
15 maggio 2015 | 12.26
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Il mondo non può restare inerte mentre i miliziani dello Stato islamico (Is) vengono annunciati alle porte di Palmira, la 'Sposa del Deserto', uno dei più famosi siti archeologici mondiali. A lanciare l'appello in un'intervista ad Aki - Adnkronos International è Maria Teresa Grassi, professoressa di Archeologia delle Province Romane presso l'Università degli Studi di Milano e responsabile dal 2007 al 2010 del progetto Palmais (Palmira Missione Archeologica Italo Siriana).

La docente esprime "preoccupazione" per le sorti di tutte le persone che lavoravano nell'ambito della missione Palmais, dagli operai ai funzionari del museo. "La popolazione dell'oasi non è scappata e quindi è a rischio altissimo", sostiene. Vedere quello che sta accadendo vicino Palmira è "per me un dolore grandissimo, un dispiacere anche per quello che si stava costruendo, per i progetti con le popolazioni locali", afferma.

Commentando quindi la minaccia concreta che l'Is sta portando al sito Unesco situato 240 chilometri a sud di Damasco, la Grassi dichiara che "di certo non si doveva arrivare a questo punto. Ora bisogna cercare di trovare un rimedio". La proposta di utilizzare i Caschi Blu per salvare il patrimonio culturale è "una delle ipotesi", precisa la professoressa che invita a trovare una soluzione "politica", mentre finora "l'Onu e l'Unesco sono latitanti".

"Non è per il caso personale di Palmira, ma non si può restare a guardare, bisogna cercare di fare qualcosa", sottolinea la Grassi che mette in guardia non solo dalla possibilità che il sito archeologico venga distrutto, ma anche dal rischio che il museo di Palmira venga saccheggiato.

"E' un museo ricchissimo, dove sono conservati i famosissimi rilievi funerari. A Palmira c'erano queste tombe collettive dei clan locali che ospitavano fino a 300-400 persone e ogni loculo era chiuso da un bellissimo rilievo con il ritratto del defunto. Sono famosissimi, ci sono in tutti i musei del mondo, dal Louvre al British", spiega la professoressa, secondo la quale l'Is punta a impossessarsi di questi reperti per poi rivenderli sul mercato nero.

"E' un modo di finanziamento che purtroppo si è già visto in altre situazioni in Medio Oriente - prosegue la Grassi - Penso che se arriveranno al museo di Palmira lo saccheggeranno per rivendere questi beni ed auto-finanziarsi. Le prospettive per questo sito sono pessime".

Nel sito, aggiunge la Grassi, i rischi più grandi riguardano "il grande tempio dedicato a Baal, meravigliosamente conservato, ma anche la Via Colonnata, il teatro ed altri edifici", che rischiano di essere rasi al suolo Va ricordato inoltre che "intorno a Palmira ci sono due famosi castelli omayyadi risalenti al VII-VIII secolo dopo Cristo, meno noti al grande pubblico", conclude.

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