Molti attacchi nel paese vengono ricondotti agli uomini del califfo, ma resta difficile capire quanto sia profonda la loro presenza, tra centri di addestramento, parate, miliziani 'soffiati' ad altri gruppi
Gran parte degli attacchi eseguiti negli ultimi mesi in Libia vengono rivendicati o attribuiti ai jihadisti dello Stato islamico (Is), ma non è facile capire quanto sia radicata la presenza del gruppo nel paese africano e quanto sia già riuscito ad avvantaggiarsi del locale caos politico.
In una Libia scossa dalla rivoluzione del 2011 contro Muammar Gheddafi e dall'imperversare delle milizie che hanno reso impossibile una vera transizione politica, lo scorso ottobre, per la prima volta, un gruppo di miliziani islamici ha giurato fedeltà all'Is a Derna, città portuale nel nord-est, sfilando in una parata con il vessillo del gruppo jihadista. Pochi giorni dopo, l'iniziativa ha ricevuto la benedizione del leader dell'Is, Abu Bakr al-Baghdadi.
Dalla città, molti testimoni raccontano che tra la popolazione si è diffuso il panico, alla luce delle atrocità commesse dall'Is in Siria e in Iraq. Di fatto, tuttavia, la vita a Derna per ora non è cambiata molto rispetto a prima di ottobre, quando già altre milizie eseguivano raid e omicidi.
Nella città erano presenti attivisti anti-milizie, che sono stati tuttavia zittiti. Almeno tre di loro, secondo la Bbc, sono stati decapitati, ma non è arrivata alcuna rivendicazione. La propaganda dell'Is, invece, prevede che tutti i suoi attacchi siano rivendicati, proprio come è successo per una serie di esplosioni contro sedi vuote di ambasciate o edifici della sicurezza nella capitale Tripoli. L'attentato più grave, che ha elevato l'allerta rispetto alla minaccia dell'Is in Libia, è stato quello di fine gennaio contro l'Hotel Corinthia, che ha fatto una decina di vittime, tra cui stranieri.
Già a dicembre, i militari degli Stati Uniti parlavano di prove sul fatto che il gruppo stesse creando campi di addestramento nell'est della Libia. Molti media, soprattutto stranieri, parlavano inoltre della creazione di un braccio libico dell'Is da parte di ex membri della Brigata al-Battar, unità dell'Is attiva in Siria. E' difficile tuttavia stabilire su quanti uomini conti nel paese africano questo gruppo e quanti siano i centri di addestramento che ha attivato.
Un coordinamento con la 'casa madre' dell'Is c'è senza dubbio, visto che i messaggi di propaganda sugli attacchi arrivano dagli stessi canali che distribuiscono quelli dalla Siria e dall'Iraq. Secondo gli esperti, l'intento dello 'sbarco' dell'Is in Libia - che pure è molto diversa da Siria e Iraq, dove c'è una spaccatura tra sciiti e sunniti e un malcontento rispetto ai governi sciiti - è quello di espandere l'area sotto il suo controllo.
"Vogliono creare un loro territorio su un certo numero di paesi per legittimare l'idea che stanno creando un califfato e che non si tratta solo di un gruppo attivo nella Mesopotamia", ha spiegato Aaarn Zelin, ricercatore del Washington Institute, alla Bbc. Se da un lato è vero che in Libia l'Is potrebbe non trovare un terreno facile, vista la presenza di altre milizie, dall'altro il gruppo jihadista potrebbe avvantaggiarsi dell'indebolirsi di alcune di loro.
Secondo Zelin, ad esempio, l'Is sta 'soffiando' molti miliziani ad Ansar al-Sharia, il gruppo che ieri ha attaccato un giacimento petrolifero gestito dalla francese Total nella regione di al-Jafra, a sud della città di Sirte. Ansar al-Sharia è la prima e la più violenta tra le milizie islamiche libiche, attiva soprattutto a Bengasi, alleata dall'Is, ma fiaccata dallo scontro con le truppe governative e con i loro alleati.
"L'Is - dice Zelin - è capace di avvantaggiarsi di queste situazioni, allo stesso modo in cui ha fatto in Siria con il Fronte al-Nusra", gruppo legato ad al-Qaeda, su cui gli uomini fedeli ad al-Baghdadi hanno avuto il sopravvento. A giocare a loro vantaggio in Libia c'è anche il caos politico, con il savrapporsi di due governi rivali, uno riconosciuto dalla comunità internazionale e l'altro saldamente insediato a Tripoli.