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Armenia: genocidio o altre tensioni, 7 gli ambasciatori turchi richiamati

Da quello in Israele per l'attacco alla nave Mavi Marmara a quello in Egitto per il 'golpe' contro Morsi. Poi Libia, Yemen e Siria, fino a quelli presso la Santa Sede e in Austria, per la questione della strage degli armeni

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24 aprile 2015 | 11.34
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La questione del genocidio degli armeni, riconosciuto nei giorni scorsi dal Vaticano e dall'Austria, ha portato a sette il numero di ambasciatori che la Turchia ha richiamato in patria per incidenti diplomatici, ma anche per questioni di sicurezza. Oltre agli ambasciatori a Vienna e presso la Santa Sede, negli ultimi anni sono stati richiamati ad Ankara quelli a Damasco, al Cairo, a Tripoli, a Tel Aviv e a Sanaa. La lista potrebbe allungarsi, visto che un numero crescente di paesi riconosce come genocidio la strage del 1915, di cui oggi ricorre l'anniversario.

Ankara ha richiamato in patria il suo ambasciatore a Tel Aviv, Oguz Celikkol, nel 2010, dopo che un commando israeliano assaltò la Mavi Marmara, una nave che intendeva infrangere l'embargo a Gaza, uccidendo 10 attivisti turchi. Da allora, i rapporti tra i due paesi sono ridotti al livello di secondo segretario.

Il 23 novembre 2013 l'Egitto ha espulso l'ambasciatore turco al Cairo, dichiarandolo "persona non grata" in seguito alle dure prese di posizione dell'allora premier e attuale presidente turco Recep Tayyip Erdogan sulla destituzione dell'ex presidente islamico Mohamed Morsi, da lui definita "golpe militare". Da allora, Ankara non ha più nominato un nuovo ambasciatore al Cairo.

L'ambasciatore turco in Siria, Omer Onhon, è stato richiamato nel 2012, quando Ankara ha anche chiuso la sua ambasciata a Damasco per l'aggravarsi della situazione della sicurezza nel paese. Il richiamo è anche legato al fatto che, dall'esplodere della rivoluzione del 2011, Ankara non riconosce più il governo del presidente Bashar al-Assad, un tempo suo stretto alleato.

Rapporti tesi e allarme sicurezza sono i due motivi per i quali la Turchia non ha un ambasciatore in Libia. Dopo la caduta di Muammar Gheddafi, la Turchia ha nominato ambasciatore a Tripoli Ahmet Dogan, ma il governo libico si è rifiutato di accettare le sue credenziali e, nel 2014, il parlamento del paese africano ha disposto il richiamo del suo rappresentante ad Ankara e ha accusato il governo del paese di sostenere i terroristi in Libia.

L'ambasciatore turco in Yemen, Fazli Corman, è stato richiamato lo scorso febbraio, quando tutto il personale della sede diplomatica di Sanaa è stato evacuato per motivi di sicurezza, a causa degli scontri tra ribelli sciiti e gruppi sunniti, sfociati poi in un tentativo di golpe e nell'intervento militare di una coalizione guidata dall'Arabia Saudita.

In seguito alle parole di Papa Francesco, che ha definito la strage degli armeni commessa dall'Impero Ottomano come "il primo genocidio del secolo scorso", il 12 aprile scorso il governo turco ha richiamato in patria, ufficialmente per consultazioni, l'ambasciatore presso la Santa Sede, Mehmet Pacaci.

La stessa misura Ankara ha adottato il 22 aprile nei confronti del suo ambasciatore a Vienna, dopo che i partiti austriaci hanno firmato una dichiarazione congiunta che riconosce il genocidio.

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