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Turchia: è scontro Erdogan-Davutoglu, a rischio risultato elezioni

Tra i due sarebbe in corso una lotta di potere. I principali contrasti riguardano i curdi e l'economia. Davutoglu nega la rivalità, ma l'attacco del suo vice al presidente ha palesato le tensioni

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25 marzo 2015 | 14.27
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Si respira un insolito clima di tensione in Turchia nei rapporti tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e il primo ministro Ahmet Davutoglu. Il primo è il fondatore del partito islamico Akp. A lungo primo ministro, ha lasciato l'incarico e la leadership del partito a Davutoglu quando, lo scorso agosto, è stato eletto presidente della Repubblica. "C'è una lotta di potere tra i due - ha detto al Financial Times Ahmet Hakan, noto analista turco - perché Erdogan dice 'Voglio il controllo', mentre Davutoglu dice "Il primo ministro sono io e voglio usare i miei poteri'". Gli effetti di questo scontro potrebbero vedersi alle elezioni di giugno.

Lo scontro si è palesato su diversi temi, a partire dal negoziato con i ribelli curdi del Pkk per continuare con alcune questioni economiche. L'atmosfera è ben diversa da quella che si respirava quando Erdogan ha affidato a Davutoglu il governo e l'Akp, convinto di poter contare su di lui per ottenere, alle parlamentari di giugno, una maggioranza abbastanza ampia per modificare la costituzione, introducendo un sistema presidenziale da affidare al 'sultano' Erdogan.

Per il primo ministro, tuttavia, questa riforma significherebbe l'abolizione o almeno un forte ridimensionamento della carica che ricopre. "Quando Davutoglu è diventato primo ministro - ha detto al FT un esponente di spicco dell'Akp - sapeva bene che il suo compito era traghettare il paese verso una nuova costituzione e un nuovo sistema. Ecco perché Erdogan gli ha assegnato quell'incarico".

Ma ora, secondo l'esponente dell'Akp, "i legami di fiducia" tra i due si sono rotti e di conseguenza Erdogan - che pure, da capo dello Stato, dovrebbe rimanere politicamente neutrale - lascerà poco spazio a Davutoglu nella preparazione delle liste per le elezioni giugno, che dovrà avvenire entro il 7 aprile.

L'ultimo motivo di scontro tra i due è la questione dei negoziati di pace con il Pkk. Sul tema, Erdogan critica quelle che considera concessioni eccessive del governo ai curdi. Gli ha risposto il vice premier Bulent Arinc, che ha definito le prese di posizione del presidente come "emotive" e "personali" e ha rivendicato l'autonomia del governo. La risposta ad Arinc è arrivata da un fedelissimo di Erdogan, il sindaco di Ankara Melih Gokcek, che ha chiesto al vice premier di dimettersi.

In tutta risposta, Arinc ha accusato il sindaco di gravi atti di corruzione, annunciando rivelazioni in proposito dopo le elezioni. L'effetto della diatriba è stato l'apertura di un'inchiesta giudiziara tanto su Gokcek (per possibile corruzione) quanto su Arinc (per mancata denuncia). Ieri Davutoglu ha cercato di gettare acqua sul fuoco, negando lo scontro con Erdogan, ma i segnali sulle crescenti tensioni sono numerosi.

Mentre Erdogan, ad esempio, dedica ogni giornata alla sua campagna a favore del sistema presidenziale, Davutoglu è estremamente freddo sull'argomento. Intanto ieri, ad affermare la linea dura del presidente nei confronti del Pkk, i militari turchi hanno eseguito una serie di raid nei covi dell'organizzazione.

Lo scontro riguarda anche altri temi, come l'indipendenza della Banca Centrale, sostenuta da Davutoglu ma criticata da Erdogan, e il progetto del governo di rafforzare il sistema giuridico contro la corruzione. Lo scontro, secondo gli analisti, potrebbe costare caro all'Akp alle prossime elezioni. I sondaggi danno il partito vincente, ma con una percentuale non superiore al 40-41%, anche a causa di un certo rallentamento nell'economia nazionale. La percentuale è molto più bassa di quella che servirebbe all'Akp per fare da solo le riforme.

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